Agli amanti dell’Islanda – quella di distese di ghiaccio come quella di carta e inchiostro – e agli appassionati più attenti alle novità editoriali sicuramente il titolo di questo libro è già molto familiare. Agli altri, invece, evocherà immediatamente immagini di vulcani, ghiacci e aurore boreali. E giustamente. Ma l’Atlante leggendario delle strade d’Islanda non è solo un libro dalle illustrazione accattivanti: siamo davanti ad un testo dietro cui si cela un progetto ben più ampio e interessante.
Pubblicato da Iperborea più di un anno fa (a giugno 2017) e ormai giunto alla quarta edizione, si tratta del libro della casa editrice specializzata in letteratura del nord più venduto dell’ultimo anno. Un successo che potrebbe stupire i più, considerando il suo peculiare genere: l’Atlante non è un testo di narrativa, uno di quei romanzi che affascinano centinaia di lettori e, anche grazie al passaparola, scalano rapidamente le classifiche dei libri più venduti. L’Atlante è – appunto – una guida che accompagna i lettori lungo la Þjóðvegur, la celebre strada numero 1 che corre tutto attorno all’isola.
Nel viaggiare chilometro dopo chilometro su tutta la strada 1 il curatore Jón R. Hjálmarsson ci fa percorrere non solo il tracciato costruito degli uomini, ma anche territori da secoli abitati da creature leggendarie e misteriose. Sessanta tappe in tutto con partenza e ritorno a Reykjavik, e in ognuna il lettore-viaggiatore fa conoscenza con quando la natura ha da offrire: la penisola di Snaefellsnes, la calotta glaciale del Vatnajökull, il vulcano Hekla, giusto per citare alcuni dei luoghi più famosi, ma anche e soprattutto con elfi, troll, trollesse e animali magici legati a ciascuno di questi posti da antiche leggende.
L’Atlante è quindi a tutti gli effetti un libro da viaggio, un volume da tenersi nello zaino durante un’avventura in Islanda e che può essere consultato, al pari di una qualsiasi guida turistica, per conoscere meglio il luogo che si sta visitando. Un guida un po’ atipica, tuttavia: una guida che si legge come una fiaba o un vecchio libro di storie. Il tutto è reso ancora più accattivante dai disegni e dalle illustrazioni che arricchiscono ogni capitolo e che fanno un po’ riscoprire il piacere di quando si era bambini e si leggevano storie fantastiche e fiabe – oppure le si sentiva leggere da altri -, tuffandosi nello stesso tempo nelle illustrazioni che facevano galoppare ancora di più la nostra fantasia. Il progetto che ha ispirato a Hjálmarsson la stesura di questo libro è quindi estremamente interessante: far conoscere la propria terra attraverso le sue leggende e le sue tradizioni, creando così un legame fortissimo tra patrimonio culturale, letteratura e territorio. Perché è proprio facendo affidamento sulla grande attrattiva di antiche leggende che è possibile promuovere un luogo e far sì che i viaggiatori lo visitino con un pizzico di consapevolezza in più, andando oltre l’usuale combinazione di “cosa vedere & dove mangiare”.
Terra ancora fuori dalle trafficate rotte del turismo europeo e mondiale fino a pochi anni fa, l’Islanda sta ora conoscendo un boom turistico senza precedenti (basti pensare che nel 2017 il numero di visitatori è stato pari a sei volte la popolazione dell’intero Paese), così da imporsi – anche sulla scia di alcune serie TV di successo, come Game of Thrones e Vikings, lì girate – come una delle mete più amate dai viaggiatori. Terra che affascina con la sua natura estrema, una natura che ancora domina sull’uomo e gli insegna a mantenere il proprio posto, ad adattarsi a ciò che è più forte di lui. A ben vedere, in netto anticipo su Vikings e i travel blogger di tutto il mondo, era stato già Leopardi a consacrare l’inscindibile legame tra gli islandesi e la Natura, un legame in cui – non a caso – è la seconda a trionfare.Senza che la questione assuma i foschi toni leopardiani, pare però evidente che gli islandesi abbiano mantenuto nel corso dei secoli un rapporto speciale con il paesaggio, e siano perciò in grado di coglierne anche gli aspetti di misteriosi e spesso fuori dalle capacità di comprensione umane.
È così che sono nate le grandi leggende dell’Islanda, leggende che spiegano, per esempio, il nome di una cascata con la presenza in tempi antichi di una insolita balena, quello di un lago attraverso una trollessa che proprio lì dimorava, o ricordano come in passato la regina degli elfi abbia visitato un villaggio su una collina rocciosa che continua ancora a portare i segni di questo evento. Spiegare la natura attraverso leggende popolate da creature magiche e misteriose è da sempre un espediente ampiamente usato dall’uomo anche per insegnare in modo efficace a rapportarsi correttamente con ciò che ci circonda e che spesso ci incute timore. L’idea di fondo è molto semplice: i luoghi dove viviamo sono abitati anche da altre creature, arrivate ben prima di noi e non soggette alle nostre leggi; queste creature possono essere sia benigne che maligne nei confronti dell’uomo, che deve quindi imparare a rispettarle e a trattarle come meritano. Queste creature sono, in alcuni casi, una personificazione della natura stessa, una natura così estrema e talvolta violenta, ma anche dolce e affascinante.
E se gli islandesi sembrano esserle molto legati e in grado di comprenderla meglio di altri, questo non significa che esempi di forte legame tra letteratura e paesaggio siano presenti solo nell’isola di ghiaccio e fuoco. Da secoli e ovunque l’Uomo parla della natura: proprio perché essa è uno dei primi elementi con cui egli si trova ad avere a che fare e con cui è quotidianamente tenuto a confrontarsi, è normale che ne abbia da tempo immemore fatto l’oggetto di un proprio atto di riflessione creazione artistica. In alcuni casi, però, la natura è più significativa che in altri o, almeno, assume rispetto alla letteratura e alle arti un ruolo tutto particolare; questo si verifica quando il paesaggio, per quanto importante, non è solo l’oggetto del testo letterario ma il fine. Quando esso non è solo lo sfondo delle vicende dei protagonisti o la fonte d’ispirazione per uno sfogo lirico, ma diventa esso stesso il protagonista.
È in questo caso, allora, che il testo letterario porta a una maggiore consapevolezza nei confronti del territorio o ne promuove la riscoperta. La letteratura è in grado di rivestire un ruolo estremamente significativo: veicolare, attraverso una forma che sappia affascinare i lettori, contenuti di riscoperta e valorizzazione del paesaggio, invogliando i lettori-viaggiatori a guardarlo con occhi nuovi e più attenti, alla ricerca di quei dettagli apparentemente insignificanti ma che sanno imprimersi nei cuori e nelle menti.
E proprio perché l’amore per la letteratura e la natura non sono soggetti ai confini tracciati dall’uomo, l’Atlante leggendario delle strade d’Islanda è stato scelto quest’estate per uno degli incontri della rassegna Ayas Cultura (parte delle iniziative culturali promosse dall’associazione Monterosa Racconta, di cui si è già parlato qui). Nel corso di una serata in compagnia di Silvia Cosimini – traduttrice del libro e grande esperta di letteratura islandese, il cui impegno come mediatrice culturale è stato anche premiato dal Primo ministro islandese – e animata da letture proposte dalla Compagnia teatrale della Civetta, si indagherà il legame tra letteratura e paesaggio in un luogo ben diverso dai vulcani e dai fiordi dell’isola di Hjálmarsson ma in cui la natura ancora domina e incanta: le pendici del Monte Rosa.