Questo libro mi è stato regalato a Natale da un caro amico. E quando dicono che gli amici autentici sono quelli che conoscono i tuoi gusti non c’è niente di più vero: dalla forma del pacchetto avevo già potuto intuire che si trattasse di un libro ma quando ho strappato la carta non sono riuscita a contenere il sorriso: in copertina una televisione degli anni ’60 con all’interno un disegno del leggendario Uomo Gatto, campione di Sarabanda. Insomma un saggio che racconta la storia della televisione a cavallo del nuovo millennio. Quale miglior libro per un’appassionata di televisione (e in particolare di trash televisivo)?
Dire che ho divorato questo volume sarebbe riduttivo: l’ho infatti iniziato e finito in due ore, in un freddo pomeriggio di Gennaio. Lo stile è scorrevole, con spunti di ironia alle volte dissacrante: insomma l’autore non risparmia nessuno, indipendentemente che si parli di mostri sacri della televisione o di meteore. Proseguendo nella lettura ero fissa sulla convinzione che l’autore fosse un accademico con anni di esperienza e di studi riguardo la cultura televisiva italiana e non, una credenza derivata direttamente dal modo di scrivere di Adriano Pugno, così ricco di apparente conoscenza frutto di anni di ricerche. Eppure, arrivata alle ultime due pagine del libro dedicate alla biografia dell’autore, ho scoperto non essere un pluridecennale studioso, ma, al contrario, giovanissimo: classe 1990, formatosi alla Holden, Adriano Pugno era poco più di un bambino quando andavano in onda i programmi che racconta nel suo volume. Una scrittura al limite dell’ingannevole la sua, che non lascia trasparire la sua giovane età ma, anzi, conferma l’esperienza e le competenze di un seppur giovanissimo autore.
Se state cercando un volume standard che racconti un decennio televisivo nella maniera canonica non acquistate Hanno ucciso l’Uomo Gatto: già dal titolo infatti si percepisce un senso di ironia e sarcasmo che pervadono l’intero volume; è certamente un libro che racconta una storia, corroborata da dati e contributi di altri autori, senza però avere la presunzione di porsi come manuale accademico. Il decennio a cavallo tra anni ’90 e anni 2000 è stato cruciale per la storia della televisione italiana: sono infatti nati (e in alcuni casi anche morti) programmi ormai unanimemente considerati come capisaldi dell’intrattenimento televisivo; un viaggio attraverso Non è la Rai, Sarabanda, Grande Fratello, L’eredità, fino all’avvento del digitale terrestre che ha cambiato radicalmente e inesorabilmente il modo di fruire dell’intrattenimento televisivo, un volume «per capire com’è cambiata la televisione, e come siamo cambiati noi» che ormai siamo immersi nella società degli schermi.
Il volume di Adriano Pugno soddisfa senz’altro gli assetati di trash televisivo – non vergogniamoci, ognuno ha le sue debolezze d’altronde. Propone infatti una carrellata di programmi senza tempo, soprattutto per gli appartenenti alla generazione dei Millennials: i nati dal 1980 al 1995 hanno tutti trascorso i pomeriggi dell’infanzia e dell’adolescenza in compagnia di Dragonball (spesso provando anche ad imitare il gesto dell’onda energetica – non dite di no perché ci abbiamo provato tutti), di Paolo Bonolis e il simpatico pupazzo Uan o del teschio di Solletico. Ma se la tv pomeridiana poteva essere accantonata a causa di compiti e allenamenti sportivi, l’appuntamento a cui non si poteva rinunciare era uno solo: quello con Enrico Papi e la sua Sarabanda, «il gioco della “mooooseca”»; un game show preserale misto di musica, giochi e atmosfera delirante, precursore del trash televisivo odierno e con personaggi emblematici quali l’Uomo Tigre, Tiramisù ma soprattutto l’Uomo Gatto, campione iconico nonché vera essenza di Sarabanda. L’Uomo Gatto costituisce anche il fil rouge di questo volume, citato sin dal titolo ed eletto in qualche maniera a totem votivo, venerato per anni ma ora scomparso, anzi defunto, prima schiacciato e poi ucciso definitivamente da Internet e dal web. La televisione così come la conosciamo è ormai in decadenza, continuamente affossata dai colpi delle piattaforme sul web: la guerra tra Netflix e Rai1 è impari e spietata, la percezione della tv tra i più giovani è ormai quella di una piattaforma superata, stantia, vecchia. «Perché se è vero che Video Killed The Radio Star, Internet e i nuovi media hanno ucciso l’Uomo Gatto»