Le consonanti cadono. Come le persone

Pubblicato il Pubblicato in Critica, Letteratura

tezzaIn Manhattan Woody Allen, sdraiato sul divano, riflette “sull’idea per un racconto sulla gente ammalata, che si crea continuamente problemi inutili e nevrotici perché questo gli impedisce di occuparsi di più insolubili e terrificanti problemi universali”. Probabilmente Woody Allen non conosce la filologia romanza, altrimenti avrebbe subito trovato materia per il suo racconto. Lo so, tu mi dirai: ma noi studiamo cose medievali, di che cosa dovremmo avere paura? E invece no: quanto più ci si occupa di cose (di cose, non di sole parole), tanto più c’è il rischio che prima o poi qualche problema si ponga anche a noi contemporanei.

Così scriveva qualche anno fa il filologo romanzo Andrea Fassò in una lettera a Corrado Bologna, molto ispirata e molto divertente, sull’utilità della filologia romanza. Il pensiero di Fassò è un po’ caustico, certo, ma è la prima cosa che viene in mente leggendo l’ultimo romanzo di Cristovão Tezza, La caduta delle consonanti intervocaliche (traduzione italiana di Daniele Petruccioli, Fazi, 2016, pp. 238, euro 17,50).
Il protagonista dell’ultima fatica narrativa di questo importante scrittore brasiliano è, appunto, Heliseu da Motta e Silva, un filologo romanzo brasiliano in pensione che mette in scena tutte le sue nevrosi in un verboso e autoanalitico monologo interiore: per bocca del filologo, di pagina in pagina, riaffiorano così dalle serpentine anfrattuosità della sua memoria tutto il dolore, le mancanze, le menzogne e le scissioni della sua lunga vita di accademico. È un bilancio accademico-esistenziale, uno scardinato e discontinuo esame di coscienza occasionato dalla volontà da parte del suo ateneo di conferirgli un’onorificenza al benemerito dei suoi studi. Heliseu, in effetti, è propriamente O professor (titolo originale del romanzo), ossia un cattedratico e uno studioso, con tutti i tic e le idiosincrasie del caso.
Il discutibile ma assai affascinante titolo dell’edizione italiana fa riferimento all’oggetto di studio del filologo: il fenomeno fonetico all’origine dell’individuazione (occorsa tra X e XI secolo) della lingua portoghese rispetto alle altre parlate iberiche, per cui si hanno passaggi fonetici come ANELLUM > ãelo (cade la n), SALIRE > sair (cade la l), DOLOREM > door > dor (cadono la l e la r). È il fenomeno, insomma, per cui LUNA diventa lua, «la nostra luna brasiliana», come dice il protagonista.
La caduta delle consonanti che il professore studia da una vita è ciò che, come direbbe Woody Allen, impedisce allo studioso «di occuparsi di più insolubili e terrificanti problemi». Non sarà un caso infatti che nella vita di Heliseu siano avvenute ben più terribili “cadute”: sua madre morì cadendo dalle scale, sua moglie morì cadendo da un balcone al settimo piano (spinte entrambe da qualcuno?) e la “caduta” sarà forse anche l’abisso morale in cui è precipitato, agli occhi di Heliseu, il suo unico figlio Dudù.
È così che, assai originalmente, un fenomeno linguistico di interesse filologico diventa metafora di un’esistenza vissuta nella più colpevole delle scissioni intellettuali, quella tra la realtà e l’idea che ci si fa della realtà da una prospettiva astratta.
La caduta delle consonanti intervocaliche è, tout simplement, un bel romanzo: l’intreccio modernista invita ad avvicinarsi passo dopo passo alla complessa psiche del protagonista; il soggetto è originale e viene svolto con la sicurezza di chi conosce le dinamiche del mondo che descrive (l’autore è anch’egli filologo romanzo); i riferimenti culturali squisiti, infine, così ‘alti’ e così ‘altri’ per un pubblico di non accademici (chi ha mai sentito parlare del Livro Velho de Linhagens, genealogia nobiliare del 1270?) contribuiscono a forgiare la raffinatezza di una narrazione proferita dalla bocca di un vecchio filologo che, fin dalla giovinezza, dimostrava «una passione filologica come se ne vedono di rado».
Ma è evidente che l’opera di Tezza è anche frutto della passione dell’autore per le discipline che insegna. Ed è proprio per questo che forse la qualità dei rimandi filologici che si intrufolano tra le riflessioni del professore potrebbe stimolare il pubblico di lettori meno allergici – perché no? – all’approfondimento della filologia galego-portoghese, cui l’ingombrante personalità del protagonista ha dedicato la sua intera vita.
Perché non accogliere allora il celato invito di Tezza? Perché non iniziare con la lettura, ad esempio, dell’ultima fatica di Simone Marcenaro, valente filologo italiano esperto – un po’ come il professor Heliseu da Motta e Silva – di filologia galego-portoghese? Marcenaro ha da poco pubblicato un’interessante edizione delle Cantigas del trovatore galego del XIII secolo Afonso Anes do Coton (Carocci, 2015, pp. 140, euro 16). È una lettura divertente e inedita, oltre che un modo come un altro per non pensare a più insolubili e terrificanti problemi universali.

marcenaro

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

WordPress spam blocked by CleanTalk.