Elfo Puccini novembre 2016: Sogno di una notte di mezza estate

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Non credevo che Shakespeare potesse ancora far ridere nel 2016. Non sorridere con la smorfia divertita degli intenditori, ma proprio ridere di gusto, piegati in due sulle poltrone, scena dopo scena, minuto dopo minuto. E tutto questo senza tradire il testo del classico, mantenendo anzi una lingua sempre fedele e antica ma al contempo malleabile e quotidiana.
L’impresa è riuscita ancora una volta al gruppo che da martedì 22 novembre -fino a domenica prossima 4 dicembre- porta sul palco dell’Elfo Puccini il Sogno di una notte di mezza estate shakespeariano. Ancora una volta? Sì, perché lo spettacolo appartiene ai capi d’opera della compagnia milanese: era il 1986 quando Elio De Capitani ne firmava la prima regia, dopo la versione di Salvatores. E da quell’anno il regista bergamasco è tornato più volte sulla commedia del Bardo, proponendone altri allestimenti, come quando nel 2010 fu uno dei primi spettacoli a risuonare nell’appena inaugurata sala Shakespeare di corso Buenos Aires.
L’allestimento è rodato, funziona, non inciampa, la mano di De Capitani dirige con sicurezza uno spettacolo che alla fine è un unico, enorme, dinamico gioco di acrobazie. Gli attori non camminano, danzano, non duellano, volteggiano. I corteggiamenti diventano giochi di arti marziali, il palco un grande spazio per il divertissement. Questa è forse la caratteristica che più colpisce: quasi tre ore di messinscena e mai il moto perpetuo della comicità si interrompe. La testimonianza più significativa sono i tanti studenti delle scuole presenti in sala, attenti e partecipi, senza la presenza degli schermi dei cellulari.
Sul palco va in scena un mondo onirico e fiabesco: la grande architettura alla rinascimentale domina la scenografia pensata da Carlo Sala, suggerisce l’Atene del duca Teseo ma diventa anche lo sfondo di una foresta che, con scale, praticabili e porte, rivela coscientemente tutto l’inganno del teatro, che diventa l’inganno di un sogno creato artificialmente dalle creature magiche per burlarsi degli uomini e dei loro amori. Ma se di sogno si tratta, ecco che la nota dominante è piuttosto l’inquietudine: le luci di Nando Frigerio sono fredde, regnano i contrasti, spesso la penombra; Ferdinando Bruni, autore dei costumi, immagina una compagine meticcia di epoche e suggestioni, dai seri abiti da melò degli uomini della corte ateniese agli inquietanti abiti di fate ed elfi che si nutrono delle vesti elisabettiane come della tradizione folklorica irlandese e di atmosfere alla Rocky Horror Picture Show. È il mondo insondabile dell’inconscio, rischiarato da quegli sprazzi di assoluta comicità regalati dagli attori-artigiani che preparano la messinscena di Piramo e Tisbe, forse tra le interpretazioni più efficaci dell’intero allestimento.
Il gruppo di attori in scena è scoppiettante e affiatato. Ai protagonisti delle messinscene degli scorsi anni si affiancano volti nuovi: caleidoscopici interpreti sono così Corinna Augustoni, Giuseppe Amato, Marco Bonadei, Sara Borsarelli, Clio Cipolletta, Enzo Curcurù, Loris Fabiani, Lorenzo Fontana, Vincenzo Giordano, Sarah Nicolucci, Emilia Scarpati Fanetti, Luca Toracca e Vincenzo Zampa.
Altro si potrebbe aggiungere su questo spettacolo che da anni torna periodicamente sul palcoscenico con tutta l’energia della prima volta ma anche con l’evidente efficacia data dall’esperienza, ma vorrebbe dire ripetere quanto è già stato detto da altri. Certo rimane uno spettacolo da vedere e, nell’ambito della ripresa dei classici, uno dei pochi davvero consigliabile al pubblico delle scuole.
Grazie Elfo, perché in questo quattrocentesimo anniversario della morte del Bardo ci hai mostrato che Shakespeare ancora oggi funziona. Senza tradirsi.

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