La bastarda della Carolina: poesia e denuncia per l’era del MeToo

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Bizzarri fenomeni accadono nella Carolina del Nord. L’estate è una prigione, l’inverno sembra passare inosservato, e a volte il vento soffia strano e forte, tramutando le indistinte sagome umane che affollano le strade della città di Greenville in automi usurati e sferraglianti. Ai margini di questa sterile landa vivono le tribù dei white trash, termine non esattamente elogiativo usato per stigmatizzare le povere – e irrimediabilmente numerose – famiglie di bianchi poveri provenienti dal Sud degli Stati Uniti. Paria sociali al pari di zingari e girovaghi circensi, i white trash non hanno altra patria che la propria (spesso non fissa) dimora e il reticolo di parenti che hanno visto crescersi attorno nel tempo.

Quando dunque la protagonista di La bastarda della Carolina, Ruth Anne “Bone” Boatwright, viene al mondo senza padre in una scalcagnata comunità di “pattume bianco” ibridato di discendenze Cherokee, la sua nascita non può che essere foriera di cattivi presagi. Bastarda per lo Stato e per i coetanei, Bone è condannata da una serie di fatalità a un’infanzia randagia, vissuta in incerto equilibrio tra un amore rabbioso e carnale per la vita e la paura di quella stessa essenza così fisica imparata a riconoscere nelle cose osservando gli scapestrati cugini e l’alveare di donne ieratiche ma in carne e ossa che compongono la sua famiglia. L’accidentato percorso di crescita e formazione di Bone si snoda così attraverso pericolosi campi minati di amore, amicizia, e autodeterminazione, i quali vanno a costituire i dolorosi stadi dell’entrata della protagonista nel vicolo cieco di un’esistenza trash.

Violenza, dolore, e brucianti nodi alla gola vengono così a riempire le pagine del romanzo di Dorothy Allison, scrittrice nata “bastarda”, la cui traduzione italiana fu pubblicata da minimum fax nel 2018 con 16 anni di scarto dalla versione originale. Germogliato e cresciuto su suolo statunitense, La bastarda della Carolina sa però parlare un linguaggio universale. La scrittura della Allison nuota fluida e precisa da un personaggio all’altro, e la sua prima persona narrante (nella voce di Bone) non tralascia mai di includere ogni lettore nella propria vicenda, trasformando così il personale mémoir di abusi domestici, amicizie nate sotto la stella dell’odio, e meste gite di famiglia al carcere della contea a firma della protagonista in una dolorosa autodiagnosi alla ricerca delle radici del proprio (mal)essere.

Ed è proprio grazie a questa impietosa puntualità di discorso che la confusione di Bone intirizzisce la pelle, rimanendo appiccicata come una scomoda risposta per il cercatore che abbia osato avventurarsi nella giungla inesplorata dell’inconscio. Bone non è Zeno. Non è l’inconsapevole eroina dell’età moderna, ma la muta vittima del MeToo contemporaneo, e le sue nevrosi derivano dall’eccessiva fiducia riposta in altri alla spasmodica ricerca di amore. La bastarda della Carolina non vuole dunque, al pari di una seduta psicanalitica, fornire ricette di sopravvivenza per coloro che, tozzianamente, hanno deciso di chiudere gli occhi e ritirarsi nel silenzio. Piuttosto, la Allison scrive per rivelare; per rendere giustizia; per non dimenticare. Ed è esattamente questa sua apoliticità che non può che lasciare sulla pagina echi di politica protesta e silenziosa, inesorabile accusa contro la mole di problemi irrisolti che si liquidano con facili giustificazioni di facciata.

Il silenzio di Bone grida più di mille parole. Reclusa nel suo piccolo mondo trash, questa gracile tredicenne ha vissuto cento vite e si è reincarnata in mille personalità diverse. Sarà per questo che, in mezzo a gesti che non corrispondono alle parole che li accompagnano, la cosa più preziosa che rimane alla bastarda Bone è, in fondo, la sua identità, oggettificata nel nome e cognome incisi a fuoco sul suo certificato di nascita. Una lezione preziosa, che la Allison veicola privandola del paternalismo accondiscendente dei detti popolari e dei consigli da focolare, rendendola così più accattivante e convincente. Un mirabile risultato poetico. Una pugnalata al petto da accogliere, grati, a braccia aperte. Questo, e molto altro, è La bastarda della Carolina. Questa, e poco altro, è la vita di Bone, e con lei quella di innumerevoli altri esseri umani sulla faccia della Terra.

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