Un giorno di pioggia a New York

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Poca la pubblicità e, di conseguenza, l’aspettativa del grande pubblico nei confronti del nuovo film diretto dal regista di Manhattan. Il titolo della pellicola riprende un concetto fondamentale espresso in varie occasioni dagli attori protagonisti dei suoi film: il valore simbolico della passeggiata sotto la pioggia -come dimenticare la flanerie finale di Owen Wilson in Midnight in Paris? La pioggia viene vista come la cornice perfetta per un momento epifanico di realizzazione, come afferma lo stesso regista: “amo la pioggia, lava via le memorie dai marciapiedi della vita”. Così lo sbarazzarsi del passato conduce all’apertura di una vita nuova.

Questo nuovo lavoro di Woody Allen si apre lanciandoci in un girone di tematiche che si ripetono tra maltempo, nostalgia e un romanticismo appartenente a un’epoca che non esiste più o che, per meglio dire, non è mai esistita. Il protagonista, Gatsby (Timothée Chalamet), vittima del suo estremo bovarismo vive con la mente in una realtà di film in bianco e nero: gioca a poker, fuma e non sa cosa fare della propria vita, ricordando sotto certi aspetti la protagonista di Blue Jasmine. È in possesso di un grande intelletto che, tuttavia, non sa come impiegare se non in un concetto astratto di cultura che finisce, inevitabilmente, per scemare nell’egocentrismo intellettuale che rende impossibile la comunicazione con le altre persone, soprattutto con la sua ragazza.

Ashleigh (Elle Fanning), aspirante giornalista completamente priva di intuito, si reca a New York con Gatsby per intervistare il regista Roland Pollard (Liev Schreiber), in piena crisi artistica, che come la ragazza ingenuamente fa notare “è troppo originale per piacere al pubblico,” paragonandolo a Van Gogh e Virginia Woolf nell’unico intervento intellettuale che le riesce dopo un lungo elenco di strafalcioni. La ragazza, in competizione con Gatsby che è molto più intelligente di lei, fa vari tentativi di eloquenza per poi rinunciare liquidando il suo ‘pittoresco’ fidanzato dicendo che sospetta soffra della sindrome di Asperger. Lusingato dai complimenti della giovane il regista vede in lei la possibilità di rinnovarsi, di avere un parere incontaminato dall’ambiente che lo circonda e la invita a vedere in anteprima il suo film. Nel frattempo Gatsby, in una continua attesa di Ashleigh, ripercorre il viale dei ricordi camminando sotto la pioggia newyorkese e incontrando personaggi del suo passato che gli ricordano, in definitiva, il suo amore nei confronti della grande mela. 

La ragazza, assorbita dal mondo del cinema, continua a rimandare l’incontro con Gatsby, che aveva organizzato una serie di attività da fare insieme costringendolo alla solitudine che lo porta a incontrare una ragazza che un tempo conosceva, Shannon Tyrell, interpretata da Selena Gomez. Trovatasi in una situazione scomoda, in macchina con il tuttofare del regista, Ted Davidoff, all’inseguimento della moglie in una versione sentimentale di alcune scene di Misterioso omicidio a Manhattan, la giovane non sa più che fare e decide di proseguire da sola alla ricerca di una soluzione ai problemi esistenziali di Pollard. Finalmente giunge a Hollywood e, passeggiando tra i vari studi, incontra l’attore spagnolo Francisco Vega (Diego Luna) che, attirato dalla freschezza della giovane la invita a cena. La ragazza si troverà divisa tra la fedeltà e l’opportunità, probabilmente unica nella vita, di avere una relazione con un attore famoso.

La tematica dominante del film sembra essere la mancanza di comunicazione tra i vari personaggi che, troppo presi dal desiderio di trovare una conferma nell’altro, vedono nelle persone solamente il riflesso delle proprie necessità. Ashleigh viene assorbita dalla città e dal mondo del cinema che sembra voler inghiottire la gioventù come Crono con i suoi figli, nella speranza di alleviare la sofferenza che deriva dallo scontro con la realtà scandita dal cappio del tempo. Il regista, lo sceneggiatore (interpretato da un impeccabile Jude Law), l’attore e persino Gatsby stesso vedono nella giovane solo quello che vorrebbero, rendendosi conto che, alla fine, si tratta semplicemente di una sciocca ragazza di provincia. In questo film più di altri si nota la volontà di mostrare la psicologia dei personaggi intenti, nel tentativo di giustificare i loro comportamenti, a creare uno scudo forgiato dalle loro idiosincrasie. Come sempre nel caso di Woody ci viene mostrato uno spaccato di vita caratterizzato da intrecci paradossali che tuttavia ci risultano più credibili del semplicistico bacio finale, che ci ricorda che la vita non è un film.  

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