Il fosso: L’Olanda di Koch tra toni polemici e ironia

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Se è il politically correct ciò che state cercando, allora allontanatevi immediatamente.
Se invece state cercando un libro che vi faccia considerare alcune spinose tematiche da una prospettiva diversa allora l’ultimo romanzo di Hermann Koch, Il fosso (Neri Pozza), è quello che fa per voi. È stato l’autore stesso a sottolineare, durante l’incontro di presentazione del libro svoltosi lo scorso novembre durante il festival milanese BookCity, quanto questo aspetto sia importante per la propria scrittura: «Il filo conduttore tra tutti i miei romanzi è proprio il fatto che in essi mi piace esprimere dei pensieri che “non bisognerebbe pensare”; così poi il lettore dice fra sè e sè: “Ah, ma se questo lo pensa lui allora lo si può fare!”».
Il fosso riesce perfettamente in questo intento: come già d’altronde era accaduto con l’altro grande successo di Koch, La cena (2010, Neri Pozza), la trama ruota attorno alle vicende quotidiane di un uomo, Robert Walter, padre di famiglia e figlio a sua volta, alle prese con una serie di problemi. La storia è ancora una volta ambientata ad Amsterdam – città in cui Koch, nato ad Haarlem, ora vive – e in questo caso il protagonista è proprio il sindaco della città. Un sindaco inventato, ma la cui figura tuttavia è ispirata a un uomo realmente esistito e viene tracciata con grande realismo: «Ho basato il mio personaggio su colui che fu davvero sindaco di Amsterdam qualche anno fa e prese davvero parte a tutti i momenti istituzionali descritti nel libro, come le visite dei presidenti Obama e Hollande. Ho provato a entrare nella sua testa chiedendomi quale potesse essere il suo tratto distintivo; questo è stato il mio punto d’inizio».

Il protagonista è innanzitutto un uomo politico che ricopre una carica istituzionale e di rappresentanza, con tutti onori e gli oneri che ne conseguono. È però anche un uomo che vive profondamente lo scarto tra vita privata e vita pubblica: se una sera egli partecipa a una cena di gala con Obama, l’altra invece si mette ad attaccare volantini su tutti i lampioni di Amsterdam perché il gatto è scappato di casa, come farebbe un qualsiasi altro normale cittadino.
Un uomo come tanti, alla fine, un essere umano vero e complesso. Robert tiene molto alla propria vita privata e, proprio per questo, non vuole che essa emerga troppo; tendenza che si manifesta soprattutto quando egli inizia a sospettare che la moglie lo tradisca con un assessore. «Quest’uomo è proprio terrorizzato dall’idea che questo sospetto sia fondato, che venga fuori in qualche modo e che lui finisca sui giornali, come tanti altri politici, per qualche scandalo della vita privata, deriso da tutti» ha commentato Koch, aggiungendo: «Robert preferirebbe piuttosto finire sui giornali per le “normali cose dei politici”: mazzette, corruzione, giri di prostitute… Tutto, ma non qualcosa che riguardi la propria vita privata. Così emerge con ancora maggiore ironia la differenza con altri politici che lui incontra; primo fra tutti Hollande, la cui vita privata è stata più volte sbandierata sui giornali».

Le preoccupazioni date dal proprio nido familiare riguardano non solo la moglie ma anche il padre, arzillo novantacinquenne che si gode la vita con estrema vivacità e intraprendenza: «C’è un forte contrasto tra Robert e la grande vitalità del padre, che non si comporta nemmeno come una persona di 95 anni. Ho voluto creare questa figura genitoriale proprio così, quasi eccessivo nella sua vitalità, in contrasto con le “gabbie” del figlio. È un padre che si comporta più da figlio rispetto al figlio stesso».
Il dramma inizia quando, arrivato alle soglie del secolo in (quasi) perfetta salute, l’uomo decide di andarsene con dignità e ancora nel pieno delle forze ricorrendo all’eutanasia prima che il decadimento fisico avanzi e guasti i suoi ultimi anni e il ricordo che parenti e amici hanno di lui.
È così che viene introdotto questo tema spinoso e di grande attualità, declinato poi in diversi punti di vista contrapposti: alcune persone, come il padre di Robert, lo vedono come l’atto coraggioso di chi riconosce di aver già ottenuto dalla vita tutto ciò che essa gli avrebbe potuto dare; altre, come Silvia, la moglie del protagonista, lo ritengono piuttosto l’atto di vigliaccheria di chi preferisce “fuggire dalla vita” nel momento più difficile invece di andare incontro con coraggio a tutto ciò che essa comporterebbe nella buona e nella cattiva sorte. «Sono d’accordo con la posizione del padre ma anche con Silvia. La cosa bella dello scrivere un romanzo è proprio che puoi prendere posizioni anche discordanti e metterle in bocca a personaggi diversi» ha affermato Koch. E la presentazione di diversi punti di vista è infatti proprio ciò che rende questo libro interessante e non scontato.

Il modo in cui Koch tratta il tema dell’eutanasia è sicuramente stato influenzato dal fatto che egli sia olandese. Vale infatti la pena ricordare che l’Olanda è stata, insieme al Belgio, il primo paese al mondo a legalizzare questa procedura nel 2002, nonché il primo paese in assoluto (2016) in cui il governo ha iniziato a mettere a punto una legge per riconoscere alle persone anziane – non necessariamente malati terminali – il diritto il porre fine in modo dignitoso la propria vita in caso si avverta di “averla completata”. Koch affronta la questione con il tipico disincanto di un uomo cresciuto in un Paese liberale in cui il tema è all’ordine del giorno – ma non per questo privo di polemiche – e lo fa proprio attraverso l’episodio del padre di Robert che teme di non vedersi più rinnovare la patente di guida. «Sembra paradossale ma è così: nei Paesi Bassi rinnovare la patente implica un processo più complesso e lungo di quello richiesto per morire» e aggiunge, con un sorrisetto: «Non mi stupisce che molti vedano l’Olanda come “parco divertimenti” in cui se si è vecchi non si ottiene il rinnovo della patente ma basta chiamare un qualsiasi dottore per farsi dire come procurarsi una “dolce morte”. Il padre di Robert si chiede: “Come è possibile che io possa morire così facilmente ma quando richiedo una cosa semplice come il rinnovo della patente non posso averla?”»

Il romanzo tocca anche altri temi caldi della nostra attualità – in primis l’ecologia, le pale eoliche e il veganismo – ancora un volta spingendo il lettore a considerarli in un modo diverso. Koch (che – precisiamo – non ha assolutamente nulla contro l’energia rinnovabile e il rispetto per l’ambiente) si scaglia contro i “fascisti” che si fanno promotori di questi dibattiti, in sè totalmente legittimi, ma in modo autoritario, senza accettare alcun tipo di critica o di compromesso, senza ascoltare il proprio interlocutore. Quando nel corso dell’evento di presentazione gli è stato domandato da un malizioso Giuseppe Culicchia se avesse degli amici vegetariani che avevano letto queste pagine, Koch ha risposto con un’espressione beffarda: «Avevo alcuni amici vegetariani, che però non hanno nemmeno colto l’umorismo e la satira delle mie parole. Se qualcuno difende queste posizioni – la convenienza delle pale eoliche per esempio – tu ovviamente non lo puoi contraddire; che l’aria pulita faccia bene è un dato di fatto, dopotutto, così come l’utilità delle pale eoliche. Parlo di “fascismo” perché in questi ambiti ci sono ormai delle posizioni date per assodate e tu da quelle non ti puoi discostare».

Insomma, Il fosso non è sicuramente il libro adatto a chi non ama discostarsi dalle proprie posizioni o a chi non si sente a proprio agio nel considerare sotto una luce diversa alcuni argomenti “scomodi”.
Per chi, invece, quando legge non si accontenta di rimanere tranquillo, l’ultimo romanzo di Koch costituisce un valido interlocutore con cui confrontarsi.

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