I
La terra spira sterile
in un sepolcro di foglie.
Rami nudi supplicano
una luna di cenere.
Il fuoco tentenna
e lento svanisce.
Stanotte un dio morirà.
Nessuno di voi starà sveglio
con me?
Cosa ho lasciato
a questi anni?
La ribellione ostinata
di un provinciale,
il pianto soffocato
di un viandante.
Solitudine
come vasta prigione amata.
Io scomparirò da questi campi
senza imprimere orma,
senza un nome da ricordare
Se svanirò oggi
davvero avrò vissuto?
II
Io ricordo
il tramonto rosso,
Gravi grida selvagge
Una speranza così fragile
massacrata dalla realtà
Elì Elì Lema Sabactanì?
Egli è stato trafitto
per i loro peccati:
deviato dalla loro ignoranza.
Cadde innocente
prima di tradire
la sua anima.
Figlio di chi
e frutto di cosa?
Le mie radici
bruciano nelle fiamme.
III
“Non piangere
In questo sogno
affogato di pianto.
Io ti ho trovato:
il tuo urlo
ha attraversato il bosco.
Scappa piccolo
da un cielo distratto,
da un destino deciso
di miseria e fallimento.
Io ti darò una casa
tra le mie sacre querce.
Ti insegnerò
la parola che salva
senza far rumore.
Ti darò una penna
per sciogliere
il canto del tuo abbandono.
Tu sarai mio figlio:
mi cercherai nei volti
di amanti indifferenti.
Ti consumerai
nei loro no distanti.
Ma dal grembo
del silenzio
melodia;
crescerà in te
un amore
arcano e indefinito.
Sarai pallido principe
di un regno lontano.
Tu mi odierai
per questa vita
come si odia solo
chi si ama.
Io sono con te:
cercami nel silenzio della notte.”
IV
Venne un bimbo
era come io ero.
Mi disse:
“Non hai tradito ciò che eri
Non tradire ciò che sei”
Piansi con i suoi occhi,
risi con la sua bocca.
Mi trapassò,
per scomparire nel fuoco.
Tutto è compiuto.
Il mio tramonto:
devo cadere.
Non piangere Dea,
io rinascerò ancora
Nel tuo seno di luna,
Io ritornerò
dalle braci
Di un falò.
In te
Madre.