Che cos’hai luna?

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Dimitri sognava nella notte di non pensare mai più alla morte di Glasko. Nel sonno scalciava dalla rabbia perché non riusciva a farlo.
Era arrivato ad avere il desiderio di non pensarci sette volte al giorno.
Sei mesi prima ne aveva contate trentaquattro.

Si accorse che la televisione non funzionava, come del resto la sua vita.
Non poteva più parlare con quei coglioni in tv e non aveva nessuno neanche nella vita reale.
Non sapeva che fare. Cosa si faceva la sera, prima che si aggiungessero le distrazioni?
Prese un foglio, a penna incise:
Che cos’hai luna?
Dimmelo.
Sembri triste.
Non so ancora con chi parlare questa sera. Il mondo è del tutto tuo, ma vorrei questa notte mia.
Dimitri si augurò che anche lei avesse delle preoccupazioni. Le dedicò le quattro righe, ma si era stufato presto della scrittura e cercò un altro passatempo.
Si alzò dal tavolo e prese una birra.
Non aveva mai provato delle droghe, perché infondo gli bastava bere pensò. In quella notte, in cui volle il favore delle tenebre per sé, bevve talmente tanto che immaginò delle libellule: comunicò con loro e fu salvo dall’angoscia, si addormentò.
Il mattino seguente camminando verso l’ufficio sentì dei giramenti di testa che gli ricordarono le parole di Inaniel. Parole che volevano insegnargli qualcosa quando lei aveva ancora gli occhi di una donna che era sua:
Sai Dim? La mattina dopo una sbronza per farmi passare il mal di testa continuo a bere”.
Non si era mai fidato di lei, ma darle un’altra possibilità lo fece sentire più umano: prese un’altra birra per strada.
Una somma di cose, tra cui l’alcool, la noia e ottobre lo fecero soffermare su una strana coincidenza di date e numeri che non si tolse dalla testa per tutto il tempo: erano passati dieci mesi dall’overdose che aveva ucciso Glasko.
Quel giorno – come del resto tutti gli altri – entrando in ufficio Dimitri si sentì fiero di non aver avuto una vita speciale. Da quando aveva conosciuto Glasko circa quindici anni prima continuava a paragonarsi a lui, al suo più grande amico.
Chi alla fine dei giochi risultava più felice? Era questa la domanda.
Glasko, malgrado la sua fama di cantante si fosse sparsa in tutta Mosca, se l’era vissuta parecchio male.
Oltre al giro di droghe, brutta gente e infelicità sospetta, non era neppure fiero della sua carriera.
Dimitri gli ripeteva in continuazione “Se non fossi nato me, desidererei essere nato te”.
Ma non lo pensava davvero.
Credeva anche che il grande problema del suo amico fosse la vita priva di abitudini. A Dimitri piaceva immaginarsi che al momento della nascita di Glasko gli fosse stato consegnato solo un assaggio di abitudine, e perciò ora un briciolo in più non poteva sopportarlo perché lo faceva diventare matto.

Una delle immagini più ricorrenti nella sua mente era il ricordo dell’amico che parlava della sua nuova donnina e poi, battendo forte il pugno sul tavolo, ad alta voce esclamava:
“Dim, amico mio, domani voglio partire per San Pietroburgo, mi manca Inaniel, voglio andare a trovarla”.
A quel punto Dimitri rimandava i pensieri intelligenti al giorno dopo e si beveva un altro whisky. Inaniel era l’unica cosa che avessero in comune e nonostante si trattasse di una donna, non li aveva mai portati a liberarsi della loro amicizia.
Un’altra immagine ricorrente era il funerale. Fu un funerale veloce e il più freddo che avesse mai visto. Mosca era più gelida di quanto di solito potesse permettersi. Era appoggiato a un albero quando per sbaglio incontrò gli occhi di Inaniel. Gli tremarono le ginocchia e di fianco la tomba non si sentì più le mani, era senza vita.
Inaniel si avvicinò piano piano e permise a Dimitri di notare le labbra screpolate, le sue mani tozze e corte.
Dopo anni, quelle mani, agli occhi di lui, erano ancora l’espressione massima della femminilità.

Illustrazione di Alice Benza

Di colpo tornò alla realtà e si ritrovò arrabbiato.
Lo facevano arrabbiare tante cose: i ricordi, che sono la parte peggiore della memoria, tanto quanto le persone che non rispondono più al telefono nei momenti in cui si ha bisogno di loro; il fatto che alcuni siano più sensibili di altri e che era stata Inaniel a presentargli il suo futuro migliore amico morto; chi rende le relazioni complicate quando basterebbe solo guardarsi, chiedersi scusa, dirsi buonanotte e ricominciare.
Dimitri vedeva la vita più facile di quanto tutti pensassero. E voleva crederci anche in questa occasione.
Aveva conosciuto Inaniel e Glasko circa quindici anni prima. Si era innamorato di lei in novembre, il periodo adatto, secondo Dimitri, per cominciare a cercare una donna: quando fuori inizia ad esserci troppa nebbia.
Una fortuna o una dannazione averli incontrati?
A questa domanda non aveva mai risposto con convinzione, ma il pensiero che quei due facessero parte della sua vita lo rendeva felice nonostante fossero persone che, se avesse potuto scegliere, non avrebbe mai voluto conoscere.
Questo perché una sola legge è vera sulla Terra: ti fa felice quello che non vuoi.
Solo dopo che i due si erano innamorati Dimitri venne a sapere con certezza del vissuto tra lei e Glasko, nonostante l’avesse sempre sospettato.
L’amico, per tranquillizzarlo, gli aveva detto “Ma no, Dim non preoccuparti di questo. Ora per me Inaniel è lontana e più sono lontane le cose più sono piccole. Anzi, ora per me lei è piccolissima!”.
Mai una volta litigarono per lei.

All’epoca Inaniel voleva fare la pittrice. Quando la rivide al funerale, erano passati sei anni dall’ultima volta e nel presente lei non era diventata niente, svolazzava qua e la tra un mestiere e l’altro senza mai dirsi basta.
Dimitri quel giorno fece, se vogliamo chiamarlo così, un errore.
Le chiese di vedersi o sentirsi.
Non poté giudicare se una richiesta del genere fosse giusta o meno, ma in quel momento a Dimitri la domanda sembrò all’apice della sua ragionevolezza. Talmente tanto giusta che il giorno dopo non lo fu più.
Dimitri sapeva che i ricordi non sono solo deludenti ma che purtroppo, pur nella loro causticità, danno sicurezza e per questa ragione si sentì legato al suo passato.
Dava la colpa alla velocità della luce: quella che noi percepiamo come presente in realtà è già vecchia di otto minuti. Riflette le strade, gli oggetti e la vita come erano un momento prima.
Non era il mondo ad essere crudele, ma la luce stessa.

Erano passati dieci mesi dal funerale di Glasko e Dimitri vedeva Inaniel con una certa continuità.
Non erano diventati niente, o meglio erano solo amici. La migliore cosa che si potesse diventare. Tutti vorrebbero come amico un vecchio sogno d’amore abbandonato, purché questo sia stato puro anche nelle sue cattiverie.
Dimitri non voleva nient’altro da Inaniel, ma non si sarebbe potuto giurare il contrario. La sua presenza gli permetteva di sentire Glasko più vicino, di poter ricordare in un modo meno doloroso e di sapere che erano ancora in tre.
Un’illusione favolosa che non era poi così sbagliata perché è giusto a volte circondarsi di persone di cui si ha solo bisogno.
Tempo fa Dimitri in un libro aveva letto di un tale Korvin, che divenne un uomo felice solo quando impazzì. Dimitri non volle mai impazzire, anche perché conservava sempre la fierezza di non essere uno “speciale”.

Pensò comunque che, da uomini infelici quali siamo, un po’ di follia alle volte ce la meritiamo.

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