Marylou Laurent ha 25 anni. L’ha desiderato per una vita, nonostante venticinque anni siano pochi per definire una vita, ma l’ha sperato così intensamente da poterne riempire una intera. Marylou voleva diventare un’attrice.
Dov’era nata lei il lavoro d’attrice non esisteva, era più un sogno.
Quando si accorse che quel sogno era popolato da persone, esseri umani un po’ come lei, iniziò a crederci.
A dodici anni espresse il suo desiderio ai genitori, abitanti della piccola Etretat e loro furono contenti che la loro bambina sapesse sognare. Ma iniziarono a imbarazzarsi quando la videro seguire con così tanta costanza qualcosa di irraggiungibile.
A ventun anni si trasferì a Parigi, per studiare Lettere, ma non fu mai la sua passione. Di fatto si intratteneva frequentando scuole di teatro, dove tutti i compagni parlavano di Monsieur Villon e sostenevano che le sue lezioni fossero così affascinanti da rimanerne sconvolti. Se ne persuase anche lei.
Marylou solitamente non rischiava, ma iscrivendosi all’Éponyme decise di farlo.
Villon, il suo nuovo docente, confessò di star cercando la nuova protagonista per il suo spettacolo e a suo parere erano tutte in gara. Ma c’era Adele, una di quelle presenze che deve per forza esistere per essere odiata.
All’Éponyme l’aveva portata una strana curiosità e pensò che era giunto il momento di dover rischiare ancora un po’. Era scivolata in un abisso infinito e il fastidio che provava per non essere di nuovo considerata la migliore non riusciva a contenerlo, e il fastidio un giorno esplose. Marylou Laurent si diede l’ultima possibilità per diventare una vera attrice.
Era un martedì mattina e Marylou si sentiva insoddisfatta.
Da buona francese amava il croissant all’alba, presto, appena sfornato. Si trovava al Café in rue Mariage. Il cameriere le portò caffè, croissant e una spremuta d’arancia. Mary notò che il bicchiere era sporco. Era una cosa che le dava sui nervi, ma ogni volta che le era capitato di trovare una forchetta sporca o un bicchiere con l’alone delle labbra del precedente bevitore non osava lamentarsi. La metteva troppo in soggezione rispetto a chi la serviva e di conseguenza preferiva tacere.
Quel giorno però si sentì strana e le venne in mente un’idea stuzzicante.
In rue Mariage nessuno l’avrebbe riconosciuta, Parigi è grande e capita veramente in occasioni rare di incontrare casualmente qualcuno che si conosce.
Voleva provare. Doveva. Pensò di fare qualcosa che non le apparteneva, di recitare per un attimo anche nella vita reale. Così, per vedere se era realmente credibile.
Cosa non avrebbe mai fatto? Non si sarebbe lamentata e non avrebbe fatto la supponente.
Di colpo urlò “Garçon!” Il ragazzo si voltò, affrettò il passo ma non abbastanza perché Marylou da Etretat, mettendosi nei panni di una finta nobildonna, lo precedette e ad alta voce si lamentò “Mi ha servito la spremuta d’arancia in un misero bicchiere sporco”. Il cameriere mortificato e paonazzo corse di più, ma Marylou continuò a imprecare ad alta voce “Ma insomma! In un bar nel pieno centro di Parigi vi permettono di essere così disattenti?”.
Si ritrovò in piedi. Prima di dileguarsi dalla situazione oltremodo scomoda, in cui si era per scelta cacciata, guardò attentamente i volti degli altri clienti. Erano stupefatti. Alcuni bisbigliavano all’orecchio dell’amico e altri ancora abbassavano lo sguardo non appena quest’ultimo si incrociava con il suo. Si sentì piena. Ci era riuscita.
Passarono dei giorni e nonostante Marylou fosse distratta dai vari corsi da seguire e altrettanti esami da sostenere non le riusciva dimenticare la sensazione provata al Café. Le avevano creduto. Infondo non si era dimostrata impacciata come a volte un po’ si rivelava, ma sicura nella sua piccola parte. Pensò di doverlo rifare, magari dal giornalaio, con la portinaia, o forse con il postino. Ma tra i pensieri notava che questa era gente che in realtà non la conosceva. Il giornalaio, la portinaia o il postino non si sarebbero mai aspettati qualcosa da Mademoiselle Laurent.
Marylou credeva di non rischiare abbastanza. Doveva essere più coraggiosa.
Le venne in mente François, il suo compagno. Viveva con lui da un anno in un appartamento nel V Arrondissement. L’aveva incontrato alla festa di compleanno di Iphigenie, la sua migliore amica.
Marylou pensò che inventare poteva sembrare scontato e leggero ma che in realtà si rilevava estremamente difficile.
Una volta però che si impara a farlo ci si sente meno impotenti e diventa un po’ naturale inventare..
Lo sta diventando anche per me? Una storia drammatica, potrei fingere una morte. Figuriamoci!
Marylou era una sempre contenta, quindi fingere una morte la intrigava parecchio. Avrebbe dovuto piangere e piangere, c’è ancora chi crede che piangere per le attrici non sia neanche così difficile. Forse poteva anche non piangere ma rimanere semplicemente immobile e paralizzata.
François tornò e la trovò sul divano. Avvicinandosi notò il volto rigato di lacrime, gli occhi persi e la voce irriconoscibile come fosse sotto il mare.
“E’ morta Iphigenie. François, è morta”. Incredulo la scosse “Non è possibile Marylou, come?”.
Lei non rispose, pensava davvero all’amica morta e questo la uccise un poco. Solo dopo un po’ si ricordò che era una finzione, la sua.
Ci riuscì di nuovo e François ci credette finché non incontrò Iphigenie all’edicola, due giorni dopo. Tornò a casa e urlò : “Ho visto Iphigenie. Ma che diavolo succede?”.
Lei sorrise. Confessò di non avergli svelato la verità perché stava testando la sua credibilità, fingendo, per poter avere quella maledetta parte.
François non riuscì a capirlo. Era così inumano quel che aveva detto e forse neanche lui come tutti gli altri credeva in lei. Ma l’amava e decise di perdonarla per quella volta. Con una promessa: “Non farlo mai più”. Lei, conscia, glielo promise.
Il cielo era sereno e Marylou era conscia dei rischi, ma doveva riprovare. Si sentiva così libera. Non credeva che fosse reato quello che stava facendo
Infondo un po’ tutti per un attimo vorremmo essere qualcun altro.
Non importava che i suoi attimi fossero più di uno. Ne era rimasta prigioniera. Nei giorni seguenti continuò ininterrottamente a recitare. Con la madre, le disse di essere rimasta incinta di François. Con Iphigenie, le disse di aver tradito François con Louis, il loro più caro amico.
E infine di nuovo con il povero François. Lui non glielo permise, aveva promesso di assecondarla per una volta ma non anche per una seconda o una terza. Amandola, la lasciò.
La madre venne a scoprire un mese dopo che non era vero e si preoccupò per la piccola Marylou che sembrava avere mancanze di attenzione. Iphigenie pensò che l’avesse fatto per ingelosirla, sapendo che le era noto il suo interesse per Louis.
E Marylou, lei credeva di esserci riuscita di nuovo. Credeva di essere finalmente brava e ne era così fiera perchè sapeva di aver convinto tutti. Sapeva di aver recitato talmente bene da poter ingannare chiunque. Marylou era diventata talmente brava a recitare che non le importava più nulla.
Non le interessava essere sola senza François, non le importava essere creduta debole o ingenua.
È così quando si giunge a qualcosa di tanto atteso.
Per lei questo era tutto. L’errore stava nel fatto che nessuno pensava a lei come una pazza. Nessuno, neppure lei. Arrivò un momento in cui nessuno le chiese più spiegazioni, perchè ai pazzi non si chiede, si guarda e basta.
Marylou era finalmente diventata un’attrice autentica.