È austera e imponente, Edimburgo. Sbozzata con mastice e cazzuola, fatta e rifatta nei secoli, la capitale della Scozia (che poi, per dimensioni, è suppergiù una nostrana Bologna) ha carattere, e non ha paura di mostrarlo. Se ancora si porta appresso il soprannome di Auld Reekie (“Vecchia Ciminiera”), in fondo, un motivo ci sarà, e bastano un paio di passeggiate sotto il suo cielo limpido, ma rilesso di grigio, e una visita nell’ex-distretto birraio del quartiere di Fountainbridge per accorgersene. Edimburgo sa di fumo e di brughiera; di vecchi lieviti che ancora percorrono le fognature e di un salmastro gentile che spira, portato dai gabbiani, dal vicino porto di Leith. È un’amante esigente. E la più tenera delle madri.
E chissà che cosa avrebbe pensato Robert Louis Stevenson delle mie parole, quando, nell’ormai mitologico 1886, si accingeva ad affidare ai torchi della stampa il succinto, pregnissimo manoscritto del suo capolavoro Lo strano caso del dottor Jekyll e di mister Hyde. Pur ambientando la vicenda a Londra, infatti, era a Edimburgo che Stevenson si rivolgeva tracciando i contorni delle microscopiche, fumose viuzze che hanno contribuito a imprimere su carta il suo immortale gioco di luci e ombre. D’altronde, in Scozia non si va per mezze misure: d’inverno il sole tramonta alle 15, mentre d’estate è stakanovista, e si rifiuta di far posto alla luna fino ad almeno le 22.
È forse merito di questo cielo manicheo e dei suoi strani riverberi astrali se questa regione battuta dal vento ha dato i natali a un’invidiabile genia di letterati, pensatori, e amanti delle arti. E non mi riferisco qui solo ai vari Robert Burns, poeta nazionale scozzese e figlio illegittimo dell’epoca romantica, o Walter Scott, gigante del romanzo storico europeo, padre dell’Ivanhoe. La luce educata della Scozia seduce, ispira, raccoglie. Ed è per questo, credo, che ogni strada di Edimburgo sussurra poesie dimenticate. E che, corroborati dall’aroma ambrato del whisky, i locali siano sempre pronti a un ritrovo al pub di quartiere per celebrare la musica, la danza, la vita, e farla in barba a quel borioso del Generale Inverno.
Va perciò da sé che, per soddisfare una tale fame di pensiero e misticismo alcolico, la città si sia popolata di luoghi ad hoc, spesso consacrati in santuari temporali da entusiasti esploratori un po’ hipster, un po’ nerd (indica il proprio volto) al seguito del Gotha dell’aristocrazia artistica. Insomma, Edimburgo è una città che ispira. E se anche voi siete un po’ hipster, un po’ nerd, o se semplicemente volete atteggiarvi a dandy per un giorno e avere così l’occasione di indossare il monocolo buono, seguitate a leggere. Perché queste sono le tappe che non potete mancare.
Per una passeggiata letteraria lungo l’ossatura nascosta di Edimburgo, una prima fermata essenziale è, si ben capisce, il Writers’ Museum (Museo degli Scrittori). Arroccato in un edificio ad angolo in pieno centro con vista sullo Scott Monument – una guglia notredamesca eretta a maggior gloria di Sir Walter sopra la stazione di Waverly – il museo ospita collezioni di cimeli e oggetti personali legati alla vita e opera dei tre maggiori scrittori scozzesi (Scott stesso, Burns, e Stevenson). La pesante tappezzeria rossa e le rifiniture dorate trasformano la visita in un’esperienza piacevolmente trasversale, capace di affascinare l’immaginazione tanto dei grandi appassionati quanto dei semplici incursori della materia. L’adiacente Makars’ Court ospita, nel suo piacevole cortile a cielo aperto, un lastricato a mosaico, dove ogni tessera commemora con una breve citazione uno dei protagonisti della letteratura locale. Gli scozzesi sono fieramente nazionalisti. Non dite loro che per voi sono inglesi.
Un bel corollario al museo è poi offerto dalla Biblioteca Nazionale e dallo Scottish Storytelling Centre, paradiso dei bibliofili dalle penne ardenti. Consultate il ricco programma di eventi o visitate di persona questi luoghi per respirare un po’ della magia che vi si aggira. Non temete: il misterioso capellone vestito di stracci di buon gusto che se ne sta seduto alla panchina dell’ingresso a girare lentamente le pagine di un volume un po’ impolverato è compreso nel prezzo.
Se invece volete provare il brivido di addentrarvi negli anfratti letterari più segreti della città accodati a un’esperta guida vi toccherà sborsare qualche scellino, ma credetemi, sono fondi ben allocati. L’Edinburgh Literary Pub Tour, lanciato nel 1996, è stato in testa alle classifiche di gradimento turistico per anni, e ha stabilito un modello da replicare in tutto il mondo. I leggendari Clart e McBrain sapranno incantarvi e deliziarvi con sfide a colpi di lingue taglienti e aneddoti sugosi mentre vi conducono come benevoli pifferai attraverso le infinite intercapedini della città, dove ogni mattone ha una storia da raccontare.
Al contrario, se non vi credete adatti a queste cose istituzionali, e, in fin dei conti, le Giovani Marmotte vi hanno pur insegnato qualcosa, permettetemi di darvi giusto un paio di consigli per indirizzarvi sulla retta via. Edimburgo ha infatti alcune gemme nascoste in mezzo al suo fogliame gotico, vere chicche, di quelle che provocano goccioloni agli angoli delle pupille; e hanno tutti il nome di librerie indipendenti.
Disseminate tanto nei quartieri storici che in quelli giovani e gentrificati (essì, Edimburgo sarà pure Bologna, ma per sviluppo urbano sa più di Milano), questi rifugi di corpo e spirito servono di solito anche tè, biscotti, e caffè, offrendo un posto felice agli stanchi viandanti del tran tran quotidiano. Che abbiate scoperto recentemente la letteratura LGBTQ+ e non vogliate più separarvene (The Lighthouse) o che cerchiate un nido accogliente in cui farvi leggere di mondi fantastici insieme ai vostri umani in miniatura (The Edinburgh Bookshop), Edimburgo ha la libreria che fa per voi. Non perdete l’occasione di smarrire la bussola negli ammuffitissimi, tortuosi corridoi di Armchair Bookshop, guru dell’antiquariato locale; o di sentirvi un po’ Baudelaire sorseggiando misture alcoliche di fronte all’officina riparazione macchine da scrivere di Typewronger Books. E quando sarete troppo lontani, o annebbiati dai ricordi di una notte godereccia al pub, non vi preoccupate: i libri ve li spediscono a domicilio. E, se volete, con la funzione “mi sento fortunato”, li scelgono pure al vostro posto.
Per ritemprare lo spirito dopo tanti bagordi intellettuali, vi consiglio di fare una capatina in templi della medicina nera come Brew Lab Coffee o The Milkman; o al vecchio ma solido Captain’s Bar per una pinta e una sana improvvisazione dal vivo di musica folk.
Insomma, avete ormai capito che Edimburgo è molto più che la città adottiva di J.K. Rowling e il luogo natale di Harry Potter, il maghetto più amato delle ultime generazioni. Perché, sinceramente, la via che ha dato il cognome a Harry, Potterrow, ospita ora un moderno e polifunzionale edifico universitario, e io ci mangio pita e falafel. E l’Elephant House, caffè dove si narra che la Rowling abbia avuto l’ispirazione per scrivere la saga del giovane mago, per quanto laccato di lucido rosso è un gioiello piuttosto opaco. Ma non tutti sono perfetti, e probabilmente Joanne K. non andava per il sottile in fatto di qualità della sua caffeina, o di amenità del luogo in cui sbrigliare tutta la sua poco scozzese, ma insieme scozzesissima, creatività.