Elfo Puccini dicembre 2015: Mr Puntilla e il suo servo Matti

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Un milionario capitalista sempre con la grappa in mano e con un terribile problema: inaspettati, disastrosi, tremendi attacchi di sobrietà. E al suo fianco un irriverente, astuto e combattivo Matti, suo chauffeur. Un padrone e un servo, per l’appunto “Mr Puntila e il suo servo Matti” in scena in sala Shakespeare all’Elfo Puccini per la regia di Ferdinando Bruni e Francesco Frongia.
Nella messinscena della commedia di Bertolt Brecht (tradotta e adattata dallo stesso Bruni) rivive sul palco l’immortale topos del doppelgänger che tanto abita la nostra letteratura, basti pensare al celebre Dottor Jekyll e al suo Mister Hyde. Qui però il doppio non è qualcosa di inquietante e misterioso, che muove dalla psiche del personaggio, ma al contrario un meccanismo tanto banale da suscitare immediatamente l’ilarità del pubblico: il nostro Mr Puntila da sobrio è un despota sfruttatore della peggior specie mentre da ubriaco diventa la persona più affabile e gioviale che si possa immaginare. Scaturiscono così equivoci e divertenti situazioni in cui finisce in mezzo la figlia di Puntila, Eva, ora promessa in sposa a un nobile e manierato diplomatico, ora al povero e spiantato Matti.
Ma c’è qualcosa di più in questo testo, quel contrasto padrone/servo che fin dalle primissime battute emerge con forza e che porta allo scontro, seppur comico, di due interi mondi, capitalismo e comunismo. Ed è questo elemento che tanto bene la produzione dell’Elfo riesce a far emergere: una commedia, certo, che scorre veloce e agile senza mai pesantezza per il pubblico, ma anche un’amara e sarcastica riflessione su quella barriera monetaria che stabilisce il ricco e il povero, lo sfruttatore e lo sfruttato, fin dall’inizio, quando il sipario è un’enorme banconota dello Stato di Puntiland, per arrivare al finale con la tristissima sfilata degli oppressi che si carica di un significato più che mai attuale oggi.
Sprizzante energia da ogni movimento Ferdinando Bruni nel ruolo di Puntila, che riesce a non trasformare mai in una macchietta comica, per mantenerlo invece sempre vivo, divertente, imprevedibile e con quel carattere chapliniano che arricchisce l’insieme. Al suo fianco un altrettanto bravo Luciano Scarpa nel ruolo complementare di Matti, il servo autista che sa sfruttare e ingannare il padrone non senza qualche momento di fraterna amicizia tra i due, un ruolo cui la voce di Scarpa riesce a dare una profondità ideale e sentimentale ancora più alta. Insieme a loro sul palcoscenico una compagnia ampia e capace, in cui spicca la voce inconfondibile di Ida Marinelli; e poi Corinna Augustoni, Elena Russo Arman, Luca Toracca, Umberto Petranca, Nicola Stravalaci, Matteo De Mojana, Francesca Turrini, Francesco Baldi e Carolina Cametti che si muovono in quello spazio scenico a metà tra circo, cortile di una locanda e spazio industriale.
A intervallare le diverse scene le canzoni di Paul Dessau (arrangiate da Matteo De Mojana) che rendono la commedia anche musicale, sempre ben inserite nel sottotesto dello spettacolo, interpretate con quel gusto per la stonatura che se aumenta l’impressione di povertà di questo coro comico che si assiepa intorno a Puntila riesce però in alcuni momenti fastidioso all’ascoltatore, anche se consapevole della necessità brechtiana di questo dato sonoro.
Una commedia di Brecht, cioè, che la regia riesce a tenere al di qua di quel limite di “artificialità” che lo spettatore di oggi può tollerare. Uno spettacolo di oltre due ore che per il pubblico volano tra sorrisi e risate, specie grazie alla capacità di far parlare il testo novecentesco nella più scottante attualità, anche con qualche concessione alla traduzione che arricchisce l’insieme, con il risultato di una produzione che sa fare riflettere con più di una risata.

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