Pullmanesimo: Illusioni, suspense e magia

Pubblicato il Pubblicato in Letteratura, Racconti

L’avvento di mezzi di trasporto sempre più efficienti, presenti, imprescindibili per muoversi, agevolmente e non, nella rapida e frenetica attività cittadina ha portato non soltanto alla creazione materiale di una maglia diffusa capillarmente underground e alla luce del sole, ma anche alla nascita spontanea del sentimento di fiducia incondizionata, di dipendenza e di necessità dei mezzi, che ormai insorge sin dai primissimi anni di vita. I bambini imparano da subito quale sia la realtà, condensabile nella Legge della Metropoli: ogni mattina una donna o un uomo si alza e se è in ritardo sa che dovrà correre più veloce del pullman per riuscire a prenderlo. Il sentimento viene ripagato con puntualità scandalosa dai fedeli mezzi, che rispettano imperterriti gli orari scanditi su tabelle e tabelloni e regolano un’ora o dieci minuti di riposo in più, un ritardo epocale o una puntualità apprezzabile, un appuntamento mancato o uno di successo. Anche chi viene da fuori, e inizialmente ride di questo sentimento, viene in pochi giorni sedotto, assuefatto inconsapevolmente, spesso grazie al fortuito caso per cui riesce a far coincidere ogni orario in un’impressionante sequenza perfetta. Si sente potente, in grado di spostarsi ovunque e poter contare sui mezzi per rispettare e incastrare tutte le cose che vuole fare. Più sei abile, più ti impratichisci, più aumentano esponenzialmente le cose che puoi fare in una giornata, in un senso inebriante di potere.
Per questo nel momento in cui sul tabellone compare il magico annuncio in arrivo e, vuoi un semaforo di troppo o troppe persone da far salire che lo fanno attardare, il mezzo non fa capolino col suo musetto rassicurante dalla curva o dal fondo del viale, ecco che sui volti dei milanesi iniziano a sorgere sguardi spauriti, preoccupati, l’espressione diventa smaniosa. Ormai biologicamente predisposti, sentono questo ritardo, questa mancata magica apparizione come un tradimento alla loro fiducia, come uno stordimento al loro orologio biologico regolato su quello inflessibile dei trasporti. Nei pochi secondi o minuti che intercorrono tra l’annuncio dell’arrivo e l’arrivo vero e proprio, viaggiano mentalmente in un rocambolesco limbo di preoccupazione, congetture sulle cause del ritardo, speranze miracolose, terrore che il loro piano programmato vada a rotoli in una disastrosa successione di mancate coincidenze. Inquieti, girano nel perimetro della fermata o semplicemente su se stessi, rielaborando un nuovo piano, un nuovo incastro a grandi linee, sulla base delle loro conoscenze reticolari, sempre più avviliti, sempre più demoralizzati, ormai certi di dover cambiare tutto, rivedere tutto. Quella coincidenza, proprio quella, quel mezzo, proprio lui e non quello di venti minuti dopo, se lo sono guadagnato con la loro velocità, col loro spirito urbano, con la loro calcolata organizzazione. Gli spetta. Non possono aspettare. È quello e basta, quella corsa e solo quella determina una giornata fruttuosa o una disastrata, è il discrimine tra perfezione e catastrofe. Nient’affatto un’iperbole. È tutto rigoroso, manageriale, coinvolge chiunque, dal pensionato che deve arrivare a casa per vedere Il Segreto e sa che con la sua andatura lenta e claudicante non arriverà mai in tempo per scoprire quale piano ha macchinato questa volta Donna Francisca se il pullman che prenderà sarà quello delle 15:45 e non quello delle 15:20, al ragazzino appena uscito da scuola che mannaggia, alle 17 c’ha palestra, non può saltarla e se non si sbriga arriverà a casa alle 15 inoltrate e non avrà il tempo per pranzare e sistemarsi adeguatamente, finendo per andare in palestra stanco, scontroso e demotivato.
Ma poi il mezzo finalmente fa quel capolino, emerge dal fondo con un’entrata teatrale che, ne sono certa, accoglierebbero con un applauso plateale se non fossero rigidi riprensori delle pubbliche manifestazioni di trasporto sentimentale. Ecco che, dimentichi di quei pochi minuti o pochi secondi di agonia, dimentichi di qualunque preoccupazione, congettura, pudica maledizione degli istanti precedenti, recuperano la loro innata sicurezza di pesci a proprio agio nel mare tumultuoso e turbinoso che è Milano e salgono ordinati sul mezzo, ognuno cosciente di quello “che s’ha da fare” e già proiettato al dopo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

WordPress spam blocked by CleanTalk.