Promesse di non

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– Ci pensi mai alla morte?
– Ma che razza di domanda è. Sono le quattro, è un bel pomeriggio, siamo in pieno centro a bere caffè e tu te ne esci con sta sparata? Manco fossi fatto.
– Ah, lo so che sembra una domanda assurda, fuori dal mondo. Ma io ci penso. Ogni tanto. E mi sono reso conto che non ho paura della morte. È una cosa naturale, tocca a tutti, è la terra che richiama, è un processo che finisce e decompone e se hai vissuto bene questo processo, sfruttandolo al meglio, ottimo, buon per te. La morte non ti toglie niente. No, non ho paura della morte. Ho paura del non essere. Del non, capisci? Del non fare qualcosa, del non dire, del non agire e soprattutto del non pensare. Ti rendi conto: un attimo prima fai e poi non fai più, un attimo prima sei e poi non sei più. Per sempre. Quel passaggio, dall’essere al non essere, mi spaventa, quel passaggio in cui da cogito ergo sum divengo nemo nihil. Quel momento in cui smetto di pensare, per sempre. Mi terrorizza. Non riesco a concepirlo, non riesco a focalizzarlo. È una cosa troppo grande. E non fare quella faccia, non c’è nulla di filosofico o trascendentale in tutto questo. È una constatazione, è solo consapevolezza. Che sei e poi a un tratto non sei più. Per sempre. Il dopo chissenefrega, non sarò lì per poterne discutere, il prima l’ho vissuto volontariamente. Ma in mezzo… in mezzo c’è un intervallo, un passaggio che non posso definire, non riesco, non voglio. Ci provo, ma è troppo. Non pensare più, smettere di essere, come si fa? Smetto di funzionare, smetto di fare, di agire, di muovermi, di conoscere, di amare, di abbracciare, di parlare, di dare baci e buongiorno da un momento all’altro. Tutto quello che ho fatto non viene con me. Restano solo le azioni nella memoria di altri, nel loro cuore, forse. E quando anche questi altri moriranno, anzi non saranno più, anche le mie azioni non saranno più. La mia vita, la mia impronta, niente. Cancellata. Orma sulla sabbia, non graffio sul cemento. Forse per questo conviene essere felici, fare grandi cose. Dopo non resterà niente, ma almeno il passaggio farà paura per una buona causa, forse lo affronteremo pensando bene finché pensare non esisterà più, insieme alla distinzione fra ciò che è buono e ciò che è cattivo. Poi sarà solo nulla. Mi prometti una cosa?
– Spara.
– Non morire prima di me.
– Una botta di vita dopo l’altra, oggi.
– Guarda che è davvero una botta di vita. Ti sto dicendo anzi chiedendo anzi ordinando di vivere il più a lungo possibile. Io non ho fretta di morire e tu dovrai farlo dopo di me. Perché forse del non pensare mi fa più paura il non pensare con una persona che amo. Il non averla. Che io diventi niente posso sopportarlo, non avrò né il tempo né l’occasione per dolermene. Ma se niente diventa qualcun altro, a me resta il dolore. Non morire prima di me. Promettimelo.
– Te lo prometto.

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