Le feu follet – Drieu La Rochelle

Pubblicato il Pubblicato in Critica, Letteratura

La figura di Pierre Eugène Drieu La Rochelle è tra le più controverse della letteratura francese di primo novecento, che solo negli ultimi anni ha avuto la giusta attenzione dei critici e dei nuovi lettori. Nel 2012, infatti, è stato inserito nella collana della prestigiosissima Bibliothèque de la Pléiade (‘Récits, Romans et Nouvelles‘), garantendosi un posto tra i grandi della generazione degli Anni Ruggenti, un uomo che ha cercato di mitigare una vita disordinata con la ricerca di un ordine personale e sociale, nella letteratura e nell’esperienza politica. Espressione della crisi dell’uomo occidentale, sulla scia di Fitzgerald -altro grande poeta della decadenza e della disgregazione della civiltà- Drieu da forza ai suoi romanzi mitigando esperienze personali e reali con potenti meditazioni: un uomo d’azione, che ha vissuto la guerra, e dotato di una squisita sensibilità; caratteristiche che ne hanno fatto uno dei più grandi interpreti del primo novecento.
Le feu follet, uscito nel 1931, resta forse il capolavoro narrativo più efficace ed esaustivo di Drieu La Rochelle. Tocca infatti tutti i temi, i fils rouges, della produzione dell’autore: la grande decadenza, personale e sociale, che si avverte tanto nei personaggi derelitti ‘attaccati non alla vita ma i loro scopi’ e alla città di Parigi che fa da sfondo-teatro per una pièce di due giorni e una notte. Questa infatti l’ambientazione e il tempo: gli ultimi due giorni di vita di Alain, un drogato, uno scrittore fallito e perennemente squattrinato che tanto ricorda lo scrittore Jacques Rigaut, già entrato negli scritti di La Rochelle in un racconto breve del 1921. L’amico poeta di quando, tornato dal fronte e dopo aver già pubblicato un essay di poesie, Drieu La Rochelle si avvicina al movimento dadaista, al quale non aderirà mai formalmente e dal quale anzi si dissocerà molto presto nel suo lungo e travagliato percorso letterario. I due scrittori condividono anche la stessa triste fine: Rigaut si suicida nel 1929, Drieu nel 1945.
L’amico riprende forma nelle pagine del romanzo, nel personaggio che è tanto Rigaut quanto La Rochelle: un uomo che nelle ultime ore di vita si trascina per una città stanca, cercando un motivo per vivere, per non togliersi la vita. Si apre ad altri personaggi fantasmi: all’amico egittologo, ai compagni di bevuta, alle sue passate amanti -dalle quali è in fuga perpetua- e ai derelitti drogati suoi amici. In un carnevale di decadenza fa le sue analisi, impietose ed efficacemente lucide, tra uomini e donne divorati dalla noia, rosicchiati dall’inettitudine e assuefatti dalla menzogna. Così il suo senso di diversità, nobilizzante nella mente di Alain, si trasforma in un desiderio sempre più eccessivo di separazione, una separazione definitiva. Passeggiando di notte, prima dell’epilogo finale, quasi trionfante pensa che raggiungerà la morte prima degli altri.
Un percorso di discesa e di ascesa: dove Alain sprofonda sempre più in se stesso ad ogni incontro che fa, mentre la sua anima sembra già partita per l’infinito, per l’altrove dove la noia non riuscirà a ghermirla. Una borghesia spenta, senza quegli ideali forti di cui un uomo ha bisogno, in una società in cui solo l’inerzia sembra essere il motore all’azione, o meglio alla sopravvivenza.
Temi che si rincorrono in altre opere narrative di Drieu La Rochelle, quasi tutte edite oramai anche in buone traduzioni italiane,  le più recenti uscite nel catalogo di Passigli Editori di Firenze. Capolavori come La commedia di Charleroi, che riporta le sue esperienze dal fronte meditate poi in più di vent’anni di esperienza,  L’uomo pieno di donne, dove l’alter ego di Drieu, Gilles, si fa portavoce della concezione amorosa del poeta come in Diario di un uomo tradito. Mancano, tuttavia, le dovute attenzioni alle opere politiche dell’autore, ancora oscurate dalla sua esperienza collaborazionista che lo ha legato durante la Seconda Guerra Mondiale a riviste e a gruppi del movimento letterario Socialisme fasciste. Molti sono stati i critici che hanno lavorato per ‘purgare’ questa macchia nera dal curriculum dello scrittore francese, cercando di separare il più possibile lo scrittore narratore dal militante politico. Ma questo è impensabile -sarà compito dei nuovi lettori rimediare- e porta ad una incomprensione della complessa personalità di Drieu La Rochelle, che peraltro ben prima dell’arrivo degli Alleati aveva dato le dimissioni dalla Nouvelle Revue Française e si era allontanato dall’estrema destra per lo stesso motivo per cui si era allontanato da Breton e dai comunisti quindici anni prima: nessuno sembrava rispondere al suo bisogno di ideali forti. Drieu passò l’ultimo periodo della sua vita in solitaria, deluso dagli amici di lettere e dalla politica, fuggendo da chi lo voleva a processo e da chi si era dimenticato che durante l’occupazione della Germania aveva approfittato della sua posizione per aiutare scrittori e dissidenti, tra cui Jean Paul Sarte. Si dedicò allo studio delle religioni orientali, prima di cedere alla tentazione che lo aveva accompagnato fin dalla giovinezza: il suicidio.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

WordPress spam blocked by CleanTalk.