La strada che porta verso casa

Pubblicato il Pubblicato in Letteratura, Racconti

Un caldo sole estivo splendeva da poche ore sull’Italia; a molte famiglie sembrò che la cosa migliore da fare fosse andare al mare. Tutte di buona mattina presero la macchina e si misero in viaggio verso una spiaggia: c’era chi si dirigeva verso quella più vicina e magari più affollata, la spiaggia delle famiglie numerose e caotiche, e c’era chi invece andava verso una più appartata, con la sabbia talmente sottile che, quando si alza leggermente il vento, finisce tutta inevitabilmente sul pranzo.

Quel giorno Samir si svegliò presto come al solito e ad attenderlo c’era una lunga giornata, ma questo non poteva impedirgli di farsi una nuotata. Si mise il costume e prese tutto l’occorrente per la spiaggia: le racchette da beach tennis, gli asciugamani, i palloni, e tante altre cose; e ovviamente gli immancabili occhiali da sole. Preso anche il cappello uscì di casa e si diresse verso la fermata dell’autobus. Nonostante il giorno prima fosse stato impegnativo a lavoro Samir era fortemente convinto che valesse la pena alzarsi un’ora prima la mattina per farsi una nuotata quando la spiaggia era pressoché vuota.

Arrivato, lasciò le sue borse sulla riva, e subito si tuffò in acqua: era proprio quello che ci voleva. Si lasciò trasportare brevemente dalla corrente e pensò a tutto quello che lo aspettava in quella soleggiata giornata estiva: chilometri e chilometri di spiaggia cercando di raccimolare qualche soldo dalle famiglie o dalle comitive di ragazzi, sotto un sole cocente, senza sosta. Non era una prospettiva allettante ma si riteneva fortunato: quand’era un bambino non viveva in una città sulla costa, anzi viveva molto distante, e non aveva mai visto il mare. I suoi genitori gli raccontarono diverse storie di uomini intrepidi che tentarono la fortuna in Europa attraversando quella sconfinata distesa azzurra, ma lui non riusciva proprio a immaginare tanta acqua tutta insieme; si chiedeva come mai ci fossero tante persone che non avevano di che bere nonostante ci fosse tanta acqua al mondo. Allora i suoi genitori gli risposero che l’acqua del mare non poteva essere bevuta perché salata, come le lacrime. Schifato, il piccolo Samir decise di non voler mai provare quell’acqua.

Qualche anno dopo fu costretto ad andare via di casa e prese la via per l’Europa. Dovette affrontare il mare senza sapere cosa gli riservasse il futuro. Non aveva niente con sé, eccetto la speranza; se la teneva stretta al cuore e gli dava la forza per intraprendere il lungo viaggio, ma sulla barca non c’era nemmeno lo spazio per quella: era vecchia, stretta, ed erano tanti, troppi, tutti schiacciati, e ognuno spingeva l’altro per prendere un po’ d’aria. La voglia di vivere di uno poteva essere la causa di morte dell’altro.

Preso il largo la situazione si fece insostenibile: alcuni erano caduti in acqua, ma lui riuscì ad emergere da quella folla e vide il mare aperto per la prima volta. Rimase pietrificato: era talmente immenso che i racconti dei suoi genitori e la sua fantasia non riuscirono ad eguagliare quello che si trovò davanti. A quel punto capì che per superare quella vastità molti avrebbero dovuto pagare un pedaggio senza pari. Così il mare, da grande strada della speranza, diventò per molti una via senza uscita.

Suo malgrado Samir assaggiò quell’acqua. Venne spinto giù da un uomo di mezza età: aveva uno sguardo assente, forse per il troppo sole, o per la poca acqua, fu preso dalla disperazione. Dopo non molto cadde anche lui, senza più muoversi.

Samir era convinto che sarebbe morto. Erano tanti quelli attorno a lui che galleggiavano senza vita, e preso dalla disperazione si aggrappò a quell’uomo di mezza età sperando che lo reggesse a galla.

Vedeva molti piangere e disperarsi, pregando che il signore avesse pietà di loro. Gli tornò in mente quello che gli dissero i suoi genitori da bambino sull’acqua del mare: si convinse che a renderla salata fossero le lacrime versate da loro, e da quelli che prima di loro provarono a prendere quella strada.

Vennero soccorsi da delle navi circa un’ora dopo. Scoprirono di trovarsi nelle acque italiane, a largo della Sardegna. Riuscì a sopravvivere e cercò di rifarsi una vita, di dimenticare quei momenti di terrore e sofferenza, ma ogni giorno era costretto a rivedere il più grande nemico della speranza.

Col tempo divenne consapevole che il mare non è né buono né cattivo, è solo una strada come un’altra; la vera cattiveria è essere costretti a prenderla senza volerlo. Con questa nuova consapevolezza riscì ad andare avanti e ad affrontare l’insidiosa distesa azzurra.

Ogni giorno Samir si sveglia presto per farsi una nuotata prima di lavorare; lo aiuta a ricordare, e lo riavvicina alla sua terra, anche se di poco.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

WordPress spam blocked by CleanTalk.