Il trionfo della vita. La madre

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“È tempo di credere alla vita, in tempo di morte.” – Commodiano

Molti quando piove trovano la città inospitale e tesa; la genta alla guida diventa nervosa e isterica, come se la pioggia influenzasse il loro umore in qualche modo…
Sinceramente non li capisco, amo la pioggia: è vero, le nuvole nere portano con sé una grande malinconia, ristagna nei nostri animi ed è come se fossimo pronti a esplodere da un momento all’altro; sarà per questo che tutti sono così nervosi. Fortunatamente con le nuvole arriva anche la pioggia: a poco a poco comincia a scendere, goccia dopo goccia, così la malinconia lentamente comincia a defluire dai nostri cuori seguendo il flusso dell’acqua che cade dal cielo.
Eppure oggi, aspettando sotto la pioggia, senza neanche un ombrello, non riesco a sentire quel senso di liberazione. Ho il soprabito tutto bagnato e le scarpette completamente zuppe; averle ai piedi o meno non farebbe tanta differenza. Oggi come non mai mi farebbe tanto comodo l’ombrello rosso a pois bianchi di mia madre: sotto quell’ombrello, con lei al mio fianco, mi sentivo sempre al sicuro. Me lo aveva regalato per il mio dodicesimo compleanno; lo vidi dietro una vetrina qualche giorno prima del mio compleanno mentre tornavo da scuola; anche quel giorno pioveva a dirotto e mi avrebbe fatto davvero comodo un ombrello con cui ripararmi dalla pioggia, ma a me non importava. Anche allora amavo la pioggia, la sensazione dell’acqua sul viso, saltare sulle pozzanghere, bagnarmi completamente il vestitino: quanti rimproveri mi è costatata la mia passione! Nei giorni di pioggia lasciavo volontariamente l’ombrello a casa all’insaputa della mamma. Per una ragazza madre non è facile crescere una figlia; lei ha semrpe lavorato tanto per non farci mancare mai nulla, e a fatica riuscivamo a tirare avanti.
Ogni mattina mi svegliavo che lei era già uscita per andare a lavoro; mi lasciava sempre dei bigliettini con le sue raccomandazioni, una di queste era di prendere l’ombrello nei giorni di pioggia (l’unica che non ho mai seguito). Ma quel giorno tornando a casa dopo la scuola lo vidi e rimasi ipnotizzata. Non so cosa mi colpì, se i colori o il tema, ma nella sua semplicità, per la prima volta, sentii il bisogno di avere quell’ombrello lì con me a proteggermi la testa dalla pioggia.
Rimasi lì a guardarlo per un po’, come un’orfanella davanti a un negozio di dolciumi. Senza che me ne accorgessi si era fatto molto tardi. Corsi fino a casa facendo attenzione a pestare ogni pozzanghera ma mamma era rincasata da più di un’ora. Era molto preoccupata; entrata in cucina la vidi bere nervosamente un thè caldo guardando fuori dalla finestra. Quando mi vide entrare completamente fradicia e infreddolita mi corse incontro abbracciandomi: non mi era mai capitato prima di averla fatta preoccupare tanto.
Solo diversi anni più tardi capii la ragione di tutta quella preoccupazione: non fu tanto per il ritardo, ma perché avevo lasciato l’ombrello a casa nonostante il temporale. Mia madre era malata da diversi anni di un male incurabile che lentamente la stava portando via da me…
Il suo timore più grande era che io potessi diventare cagionevole di salute come lei, di non poter più vivere a pieno la mia giovinezza. Mi tenne sempre all’oscuro di questo suo segreto, almeno finchè non potè più nasconderlo. Quando la malattia si aggravò irreparabilmente io avevo appena compiuto 16 anni. Noi due ci siamo sempre dette qualsiasi cosa, era la mia migliore amica, ma questo suo segreto lo vidi come un tradimento nei miei confronti. La odiai per questo. Poco prima che se ne andasse le chiesi la ragione di tanta segretezza. Lei mi disse: «Quando un bambino prende coscienza della morte smette di esserlo. È giusto che i bambini restino tali fino alla fine della loro infanzia; sarebbe crudele rubare a un bambino la sua innocenza».
Allora capii che mia madre non fece altro per tutta la sua vita che proteggermi, pensando sempre prima a me e poi a se stessa.
Mi amò di un bene che solo una madre può provare e dimostrare.
Quando mi chiese il motivo del mio ritardo in quel giorno di pioggia le raccontai con vergogna del mio incontro con l’ombrello rosso a pois bianchi. Lentamente vidi mutarsi la sua preoccupazione in un sorriso che esplose in una amorevole risata. Mi abbracciò nuovamente e mi disse: «Se te lo comprassi, incominceresti a prendere l’ombrello quando piove?». Ricordo che arrossii tutta quanta e annuii energicamente. «Allora per il tuo compleanno avrai quel bell’ombrello».
Il giorno del mio compleanno pioveva, me lo ricordo bene, infatti insieme ai soliti bigliettini ne trovai uno con su scritto tanti auguri e accanto il mio amato ombrello.
Da quel giorno nei giorni di pioggia non lasciai più il mio ombrello a casa, e a volte nemmeno in quelli di sole.
Adesso mi farebbe davvero comodo quell’ombrello, ma devo aspettare qua, Agata sta per uscire dalla scuola. Eccola!
«Agata! Agata! Sono qua!»
«Mamma! Che ci fai sotto la pioggia! Sei tutta bagnata!»
«È vero, ho dimenticato il mio ombrello a casa. Non è che mi faresti un posticino sotto al tuo ombrellino?»
«Sì, tieni. Grazie per il bel regalo».

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