Carcano dicembre 2015: Il grande dittatore

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Portare a teatro un capolavoro assoluto del cinema è un’impresa coraggiosa e difficile, un azzardo, che può riuscire o meno. Di questo tipo la sfida intrapresa da Giuseppe Marini e Massimo Venturiello, registi dello spettacolo in due atti “Il grande dittatore” tratto dall’omonimo film di Charlie Chaplin e in scena fino a domenica 6 dicembre al teatro Carcano di Milano. In questo caso l’azzardo è stato però ancora maggiore, e quindi tanto più importante.
La pellicola originale è stata infatti il primo film parlato realizzato dall’indimenticabile Charlie Chaplin. Ma non solo: uscita nel 1940 irride e sferza con ineguagliata tragica comicità il contemporaneo Terzo Reich hitleriano. Sullo schermo nelle immagini in bianco e nero viene proiettata quella che solo in apparenza è una topica storia di scambi di persona tra il povero barbiere ebreo e il dittatore di Tomania. Ma il dittatore è il Fui di Tomania, di nome Hynkel, il suo simbolo una doppia X, il suo volto chiaramente segnato dai baffetti che ben conosciamo, i suoi scagnozzi le Camicie Grigie e il suo alleato-nemico il terribile italiano Bonito Napoloni. Quella che oggi può essere superficialmente considerata una divertente pietra miliare del cinema fu la più terribile parodia che in piena Seconda Guerra Mondiale attaccò l’ideologia, le forme e gli atti della Germania nazista.
Oggi, a più di settant’anni di distanza, il film diventa spettacolo teatrale. Su un palcoscenico dominato dalla geometrica, e magica, scenografia in continua trasformazione che stupisce il pubblico i personaggi della pellicola sono attori in carne e ossa, guidati da una regia che mira chiaramente a sottolineare più le risate che il senso profondo dell’opera originale. Il pubblico sorride, talvolta ride, partecipa allo spettacolo anche battendo con le mani il ritmo delle canzoni di questa commedia musicale. Bravi certamente gli attori, capaci di far volare le quasi due ore di spettacolo: bravo Massimo Venturiello, poliedrico nella capacità di gestire i due personaggi contemporanei del barbiere e del dittatore, brava Tosca che al suo fianco interpreta tanto l’ebrea Hannah quanto l’esagerata moglie di Napoloni, bravi gli attori della compagnia che affiancano, e talvolta superano, i protagonisti. Per chi ha visto il film rimane la pecca, dovuta non tanto a incapacità quanto a una precisa (e poco calibrata) scelta registica, di aver trasformato tutti questi attori in macchiette senza profondità: i personaggi agiscono in scena ma come tipi fissi. E questo fa torto certo al coraggio della parodia realizzata da Chaplin proprio nel 1940, nel pieno degli eventi bellici.
Certamente ogni traduzione teatrale di un’opera cinematografica prevede delle scelte, quelle che il regista Marini definisce con una certa ironia “tradimenti” nella presentazione dello spettacolo, non foss’altro che per il variare del mezzo comunicativo utilizzato.
Pienamente godibile per il pubblico, e si immagina anche per i ragazzi e per le scuole, lo spettatore attento che avrà in testa il film originale noterà così con dispiacere l’assoluta riduzione, quasi scomparsa, della scena del mappamondo e il taglio brusco del monologo finale, privato della poetica carica idealista che nel film possiede.
Non spettacolo teatrale, infine, ma commedia musicale: nell’adattamento realizzato da Venturiello i brani recitati tratti dalla pellicola di Chaplin (e va riconosciuta la capacità di condensare scene complesse del film in momenti di leggera comicità) sono alternati a numerosi momenti musicali composti da Germano Mazzocchetti. Momenti che da un lato alleggeriscono ulteriormente lo spettacolo, per il piacere di parte del pubblico, e dall’altro propongono canti con testi stucchevoli dallo sgradevole sapore di teatro dei burattini.
Ma d’altronde si parla di un adattamento trasposto dal cinema al palcoscenico, e la scelta di puntare tutto sulla comicità è ben evidente fin dall’apertura del sipario, con il risultato di uno spettacolo certo leggero, divertente e gradevole per il pubblico, che però dimentica la forza della pellicola originaria svuotandola di senso. Ideale, cioè, per una serata in compagnia; meno se ci si aspetta il carisma della creazione di Chaplin.

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