Carnevale d’inettitudine. Capitolo uno: Parvenu

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“Buona sera signore, prego.” Il cameriere porse le mani e ottenne il cappotto grigio dal giovane. “Devo presentarvi?” Prese anche i guanti di pelle e la sciarpa verde.
“No grazie.” Oltrepassò l’anticamera, si diresse nel salone guidato dalla musica, guidato dagli archi. Aveva delle scarpe nuovissime, ancora lucide, che ad ogni passo facevano un sonoro tac. Nei corridoi uomini e donne, in abiti eleganti, bevevano da alti calici. Andrea si guardò intorno, ma sapeva dove avrebbe trovato l’amico. Prima del salone i due ospiti accoglievano gli invitati con un bel sorriso e accanto a loro un cameriere reggeva un vassoio d’argento su cui erano appoggiati dei calici con tre dita di spumante. Alla sola vista delle bollicine ad Andrea venne un brivido di nausea. Notò che sulla parete accanto a lui c’era un grande specchio, si controllò sbuffando il papillon nero: odiava il fiocco, adorava le cravatte, ma non aveva intenzione di sentire l’ennesimo discorso sulle occasioni in cui indossare gli accessori di seta. Si avvicinò al signor Billione, che gli sorrise:
“Andrea! È un piacere vederla , speravo che sareste venuto. Mia moglie non ne era così sicura…” strinse la mano al vecchio dirigente e poi baciò la mano alla signora di casa. Sempre più magra, ma il vestito bordeaux le risaltava i seni. Il cameriere porse il vassoio, Andrea prese il bicchiere controvoglia:
“Non mi sarei perso questa serata per nulla al mondo signor Billione. È un raro piacere vederla signora, è sempre più bella.” l’ospite riprese parola:
“Caro Andrea permettetemi di augurarle una grande serata. Avremo sicuramente modo di parlare più tardi. Ah e la indirizzo verso la signorina Chiara, figlia dell’avvocato Mortis. È là vicino all’orchestra. Dicono che sia una grande esperta di musica…” Una grande risata gli fece tremare il catarro in gola, causa anni e anni di sigarette e tabacco. Andrea rise a sua volta, alzò il bicchiere e ringraziò l’industriale, poi si allontanò. Apprezzava Billione, era un caro amico di suo padre: si erano arricchiti praticamente insieme. Osservò la ragazza vicino ai musicisti: bionda, bella, graziosa e ben vestita. Eccitante. Più tardi forse l’avrebbe spiata con maggior attenzione. La sala non era ancora piena, non tutti gli invitati erano arrivati, ma sicuramente il compagno era già passato per il salone. Dall’altra parte accanto alla scalinata per la balconata che dava sulla sala, era stato montato un bancone dove venivano servite bevande. Ci si avvicinò, si sbarazzò del vino frizzante e chiese un amaro. Lo vuotò in un sorso e poi chiese della birra scura. Gliela servirono in un boccale senza manico, più elegante. Gettò ancora uno sguardo sulla sala e poi salì le scale. Sulla balconata pochi uomini fumavano sigari parlottando e sghignazzando tra loro. Li oltrepassò e attraversò altre stanze, a volte fermandosi a fare un brindisi o a ridere in compagnia. Impiegò un’ora per arrivare fino al piccolo terrazzo, ma era deserto ad eccezione di un cameriere in abito bianco.
Non se lo aspettava, non l’aveva incontrato nel salone e nei salotti, dove poteva essere? Controllò l’ora: l’arrivare elegantemente in ritardo era già stato superato. Che avesse scelto di non venire? Impossibile quella serata era d’obbligo per tutti, pena il bando dalla prossima degustazione a Ceprano. Non aveva avuto l’ardire di chiedere di lui all’entrata. Aveva voglia di vederlo, almeno di salutarlo: non si vedevano da alcune settimane, era letteralmente scomparso e nessuno ne aveva avuto notizie. Si avvicinò al cameriere allora e gli chiese di verificare la lista degli invitati. L’uomo in bianco estrasse un palmare e controllò:
“Compare nella lista ovviamente…si è stato ricevuto all’entrata.” Anche Alessandro era arrivato. Andrea sbuffò: voleva salutarlo prima di tutto, poi l’avrebbe lasciato con Alessandro o Matteo mentre lui si sarebbe dedicato alla bella figlia dell’avvocato. Si affacciò al parapetto: sotto di lui la città di Milano, magnifica di notte diceva sempre lui. Non magica quanto Parigi o Londra, ma
speciale e unica. Lui adorava restare in quella posizione, leggermente sporto nel vuoto con alle spalle un mondo. Ne aveva letto i versi:

Sono semplicemente a metà,
sperduto tra i due mondi.
Alle spalle voi
davanti al mio cuore l’eternità.

Era così bravo con le parole, compensava ogni sua mancanza con l’arte della lingua. Mai un motto fuori posto, geniale e spregiudicato come Wilde, profondo e ponderato come Hesse. Così maledettamente a suo agio, lui e i suoi simboli, ma era così maledettamente triste. La malinconia è una grande virtù della Fenice diceva sovente, ma la tristezza è devastante. Quando la malinconia diventa troppo forte per il cuore allora bisogna partire, bisogna circondarsi di bellezza finché l’animo non è rassicurato e il cavallo può riprende il volo. Per questo era sparito da due settimane, partito chissà dove chissà con chi probabilmente solo. Una folata di vento afoso ricordò ad Andrea la sete, tornò indietro per la stessa strada percorsa poco prima,cercando di nuovo l’amico. Stesse facce, stessi bicchieri, stessi sorrisi. Nel salone gli invitati appena giunti sfoggiavano il loro splendore: scialli bordeaux,in linea con l’ultima moda, fiocchi scuri, scarpe lucidate, bracciali luccicanti e strette di mano poderose. Chiara Mortis era ancora vicino ai musicisti, accompagnava un uomo in età avanzata con un abito dalle rigorose linee scure. Andrea scese le scale, bevve un altro amaro e si mosse verso l’orchestra. Non sapeva che stava ascoltando il concerto di Telemman “Sull’Acqua”, non capiva granché di musica classica nonostante pagasse ogni anno un ottimo posto per la sinfonica. Con un bicchiere di vino scarlatto si avvicinò alla ragazza e all’uomo, lo riconobbe dopo alcuni secondi e decise di approfittarne:
“Avvocato Mortis, è un piacere vederla.” L’uomo staccò gli occhi dagli archi e si girò, tese la mano accennando un sorriso.
“Andrea, non vedo voi e vostro padre da… dal processo ***** si.”
“Oh è veramente increscioso dottore, bisognerà rimediare se la procura ce lo permetterà.” Mortis era il migliore avvocato di diritto penale, passava le sue giornate nel suo studio mentre i suoi assistenti si muovevano tra gli uffici del procuratore De Giorgi e il tribunale. Solo per le udienze Mortis usciva dalle sue stanze, ma non tardava mai nel ritornarci. Era un uomo d’altri tempi nel fare, ma terribilmente subdolo secondo le necessità imposte dal diritto contemporaneo.
“Non sapevo che si dilettasse di musica.” gli disse l’avvocato.
“Ne sono praticamente ossessionato, ho una collezione di dischi invidiabile e quando ne ho
l’occasione ho un ottimo posto per la sinfonica.” L’avvocato sorrise educatamente, uno sforzo dettato dal momentaneo buonumore. Sua figlia invece non si era minimamente accorta del nuovo arrivato, Andrea la fissò e l’avvocato si vide costretto alle presentazioni: con la mano sinistra sfiorò il braccio della ragazza, avvolto in un elegante vestito colorato. Questa, troppo concentrata sulla musica, si scansò leggermente prima di lanciare al padre un affettuoso sorriso.
“Andrea, posso presentarle mia figlia Chiara? Chiara, lui è Andrea Solari, il figlio di Cosimo Solari.” Andrea allungò la mano sfoderando un grande sorriso, forse troppo grande in quanto Chiara strinse solo timidamente la mano che gli veniva offerta.
“E’ un piacere signorina, ho notato che si stava godendo la musica.” Chiara annuì, con più convinzione.
“Adoro Telleman…” Andrea non le lasciò il tempo di finire:
“Be certamente, non si può non apprezzare un tale artista. Una musicalità tale non poteva certo mancare in una serata come questa. Che cosa le piace di più mi dica?” l’avvocato ne approfittò, salutò con un cenno del capo Andrea e si diresse verso il bancone di legno scuro. Sua figlia, forse meno cortese, rispose all’industriale:
“Contemplarla signor Solari, spesso si sottovaluta quanto un concerto dal vivo sia nettamente più efficace che un cd registrato.”
“Ma anche i cd hanno il loro perché, se mi permette: la musica è perfetta quando è registrata.” Chiara tornò a guardare l’orchestra e alzò la mano destra al livello della bocca di Andrea, che si sforzò per mantenere l’offesa.
“Ecco ha sentito? Il secondo violino è indietro, leggermente, è quasi impercettibile.” Andrea,  appoggiando la propria mano sulla spalla della ragazza, riprese con un sorriso:
“Cosa le avevo detto signorina Mortis? In una registrazione non sarebbe successo, perché avrebbero provato e riprovato finché non avrebbero avuto la forma perfetta.” La musica continuò, ma Chiara non rispose più: chiuse gli occhi mantenendo la mano destra alzata. Andrea attese per una decina di secondi, poi si vide costretto a rompere la posa della ragazza.
“Posso invitarla per un bicchiere? Di certo Telleman può fare a meno di lei e della sua vasta cultura.”
“Signor Solari…”
“Oh no mia cara, mi chiami Andrea la prego. Ho forse solo qualche anno in più.” Era la seconda volta che la interrompeva. Andrea le offrì il braccio troppo velocemente e con troppa convinzione perché lei potesse rifiutare. Si lasciò guidare fin sopra la scalinata, poi Andrea chiese ad un cameriere di portar loro due scotch. Chiara diede le spalle alla sala, appoggiandosi al cornicione.
“Mi dica Andrea, lei lavora per suo padre?”
“Ho questa grande responsabilità, ma non me ne lamento. Sono nato per questa missione e la porto avanti con orgoglio, le feste come questa sono una piacevole distrazione”. Chiara sorrise, prendendo il proprio liquore dal vassoio del cameriere, precedendo Andrea che aveva tutta l’intenzione di servirglielo.
“ E lei Chiara, a vederla non mi sembra un topo d’ufficio come suo padre.”
“No infatti, ha buon occhio – un’ironia celata non troppo bene – momentaneamente mi godo l’estate. Non che mi dispiacerebbe uno stage…” si appoggiò il bicchiere alle labbra con decisione, ma ne bevve appena un sorso. Andrea sorrise, poi vuotò il bicchiere di vetro robusto.
“Potrei contattare qualche amico, al conservatorio Verdi magari.”
“La ringrazio Andrea, ma non è il caso davvero.” Andrea non desistette:
“O in una casa editrice forse.” La ragazza si illuminò al pensiero.
“Mio padre ci aveva pensato in effetti, ma l’idea di correggere bozze non mi attira neanche un po’…sa ora che ci penso…lei conosce Giuliano vero?” Andrea annuì, dopo aver ritirato il suo grande sorriso.
“E’ un mio caro amico in effetti, lo conosce Chiara?” avrebbe preferito evitare l’argomento: si ricordò d’un tratto che non aveva ancora trovato l’amico sperduto.
“Oh ne adoro i versi, ho letto il suo ultimo racconto qualche ora fa prima di venire qui. Mi piacerebbe conoscerlo.”
“Che cosa ha letto di preciso?” Chiara, per la seconda volta nella serata, si abbandonò ad uno spontaneo sorriso. Aprì la propria pochette da sera e immediatamente ne trasse un ritaglio di carta, che aveva fatto però plastificare. Lo porse ad Andrea tenendolo tra l’indice e il pollice della mano destra:

La fenice trae forza e godimento dall’arte, ma allo stesso tempo non può fare a meno di assorbire anche depravazione e decadenza. Inizia così la necessaria scalata del Piacere, passo dopo passo gradino dopo gradino. La fenice scuote le sue allucce dapprima intimidita, ma man mano che si ciba di esistenza il suo cuore batte sempre più forte. La ricerca diviene ossessione, l’Amore diviene Affetto così come l’Ebbrezza mera illusione. Appena prima della fine, tanto agognata e tanto disprezzata, la Fenice è costretta a collassare su se stessa. Il suo stallone alato precipita nelle acque oscure del mare, lasciandosi alle spalle una scia di maledizioni. Quasi sul punto di affogare, il fuoco celato improvvisamente sprigiona il suo vigore: la giovane fenice si ciberà delle sue ceneri per nuotare fin sul filo dell’acqua e, riavvistata la Luna, riprenderà il suo viaggio.
Questa è la sua vita, questa è la sua esistenza.

Andrea conosceva bene quel pezzo, era tra le prime composizioni di Giuliano: la metafora su cui aveva fondato la propria poetica, il suo nuovo simbolismo, la sua vita. Si convinse che resistere all’argomento non sarebbe servito a granché.
“Si sente anche lei una fenice? E anche il suo cuore è un bianco stallone alato quindi.” La giovane avvenente parve quasi sciogliersi:
“Ho questo vecchio ritaglio da parecchi anni oramai. Le sue parole sono così…precise. Come un affondo di fioretto non trova? Dicono che non le sprechi mai tuttavia, una mia amica mi ha confessato di aver passato una serata in sua compagnia e di averlo sentito parlare solo se direttamente interpellato.”
“Vede mia cara…in generale è impossibile ricondurre una personalità a dei pomposi processi psichici, se questo è vero lo è ancora di più quando si parla di Giuliano. E’ terribilmente lunatico, tanto da rasentare l’incoerenza…secondo molti.” Chiara si riappoggiò il bicchiere alle labbra prima di chiedere quasi timidamente:
“Gli volete bene?” Andrea appoggiò il bicchiere sul cornicione
“Gli sono affezionato, come molti tra noi. A tal proposito…” Poco distante da loro era appena comparso un ragazzo robusto, con i capelli biondi e corti e ben sistemato in un abito dalle linee moderne. Andrea alzò una mano per chiamarlo, Chiara si girò leggermente volgendosi verso il nuovo arrivato. Aveva una sicurezza insolita, che la ragazza – non abituata alla presenza del giovane direttore finanziario – scambiò per un virile orgoglio.
“Chiara, le presento Alessandro Stefani…”
“Il figlio di Filippo Stefani. Certo, ho letto di lei qualche giorno fa. E’ un piacere” e porse la mano abbronzata ad Alessandro.
“E’ un piacere anche per me” Alessandro aveva una voce severa, pacata ma energica.
“Andrea ed io stavamo parlando di voi. Dovrebbe esserci anche…Matteo Ferrari vero? E se ricordo bene anche Alberto Pagano” Alessandro si spostò il bicchiere dalla mano sinistra alla mano destra:
“Ho visto Matteo poco fa, sta cercando di intrattenere l’avvocato Mortis. Pagano è ancora a Londra.” Alessandro non aveva più guardato Chiara dopo averle stretto la mano, si era rivolto ad Andrea con poco zelo e la ragazza di certo se n’era accorta. Non demorse però:
“A Londra?” fu Andrea a rispondere spiegandole:
“E’ li per un concorso, ha presentato una sua sceneggiatura. L’ho letta di sfuggita ma ha del potenziale.” Alessandro virò il busto in direzione della sala:
“Vi lascio continuare la vostra serata, è stato un piacere.” E con una falcata incredibilmente naturale si allontanò senza degnare né il cenno del capo di Andrea né il balbettio di Chiara. L’orchestra annunciò una breve pausa, subito dopo una melodia registrata accompagnò gli invitati per le stanze. Chiara avrebbe voluto, spinta dalla curiosità estrema, afferrare il braccio di Andrea e stargli accanto per tutta la sera: avrebbe desiderato molto ascoltare una spontanea conversazione tra quei cinque giovani di cui spesso si leggeva. Il più insolito era certamente Alessandro, aveva letto un articolo su una rivista trovata nell’ufficio del padre ma non aveva la giusta padronanza delle scienze economiche per poter capire la portata dell’importanza del giovane. Aveva sempre avuto una sorta di timore misto a curiosità verso Giuliano, ma era un pregiudizio abbastanza comune a sentire Andrea. Avrebbe comunque bevuto volentieri un’intera bottiglia di scotch con Solari pur di avere la possibilità anche solo di sentire la voce di Giuliano, magari mentre contribuiva in uno spigliato dibattito sull’ultima pièce teatrale di Alberto Pagano.
Purtroppo per lei suo padre la mandò a chiamare da un cameriere:
“Signorina, suo padre mi ha mandato a chiamarla. A breve partirete.” Andrea fu sorpreso e chiese il motivo della partenza.
“Mio padre ha accettato l’invito di questa sera esclusivamente per poter incontrare dei colleghi, deve chiudere un accordo con non so più quale studio credo. Io l’ho accompagnato per la musica”, prima di continuare si sistemò il vestito, “La ringrazio per la compagnia, spero di rivederla presto.” Andrea si avvicinò e la ragazza si lasciò baciare sulla guancia destra, prima di scendere le scale e di ricongiungersi con il padre che l’attendeva al lato del salone. Andrea li vide ringraziare i due anfitrioni, spostati su un comodo divano in compagnia, per poi uscire. Avvistò Matteo e Alessandro al bancone intenti a godersi il piacere di un drink. Attese qualche minuto prima di unirsi a loro, con la certezza che Giuliano li avrebbe raggiunti di li a poco.

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