Gatsby, Trimalchio e il “sogno incorruttibile”

Pubblicato il Pubblicato in Critica, Letteratura

Se qualcuno vi chiedesse se conoscete la storia di “Trimalchio di West Egg”, forse rispondereste di non averlo mai sentito nominare. Forse a qualcuno tornerà in mente Petronio, ma certo il suo Trimalcione non viveva a New York. Forse, se vi dicessero invece “Jay Gatsby di West Egg” le cose si farebbero più chiare. In effetti, la storia del Grande Gatsby è un meraviglioso classico della letteratura mondiale, conosciuta universalmente; F. Scott Fitzgerald racchiude in un unico, perfettamente architettato racconto, tutto il fermento, l’entusiasmo, lo scintillio e la decadenza dei “Roaring Twenties” americani. Non tutti però sanno che The Great Gatsby si sarebbe dovuto intitolare Trimalchio e che esiste una prima, diversa, versione del romanzo da cui poi nacque il capolavoro che oggi conosciamo.

I’ve shifted things around a good deal to make people wonder

Jay Gatsby a Nick Carraway, Trimalchio, Capitolo VIII

Siamo nell’aprile del 1924 quando Fitzgerald scrive al suo editore a Scribners and Sons, Maxwell Perkins dicendogli di aver ripensato interamente l’idea per il suo terzo romanzo, e inizia a scrivere quello che sarà Il Grande Gatsby. Quando, nell’autunno di quell’anno, invia una copia del romanzo finito a Perkins, l’editore risponde “I think the novel is a wonder”. Poi, in due lettere diventate famose, consiglia a Fitzgerald alcuni cambiamenti, per rendere il libro, in cui tutto si incastra e si interconnette, ancora più perfettamente calibrato.

Maxwell Perkins, peraltro, è una figura importantissima nel panorama editoriale dei “Ruggenti Anni Venti”: la lost generation americana è, in effetti, indissolubilmente legata alla storia di Perkins e del suo intuito. Fu proprio Maxwell Perkins, nel 1919, a scoprire Fitzgerald, quando, arrivato nella famosa casa editrice Scribners and Sons, volle dedicarsi alla pubblicazione di nuovi, giovani talenti; inizialmente il romanzo dello scrittore fu rifiutato da Scribners, e Perkins lavorò insieme a Fitzgerald per modificarlo fino a trasformarlo in This Side of Paradise (che fu infine pubblicato nel 1920). Fu sempre Perkins a scoprire e pubblicare anche il primo grande romanzo di Ernest Hemingway, The Sun Also Rises. Il suo lavoro di editore, la sua entusiasta e energica ricerca di giovani talenti e il suo consiglio hanno contribuito alla creazione e alla pubblicazione di opere come Il Grande Gatsby, oltre che ad aver dato forma all’immaginario di un’intera generazione.

Tornando a Il Grande Gatsby e a Trimalchio, la prima versione del romanzo si rivela una lettura interessante se comparata al testo finale. Il confronto permette soprattutto di apprezzare la cura e la maestria di Fitzgerald, che, in una storia che si svolge in poco più di cento pagine, ha soppesato ogni scena, ogni aspetto perché tutti i fili del racconto convergessero perfettamente in quella frase finale, “so we beat on, boats against the current, borne back ceaselessly into the past”.

I consigli di Perkins a proposito di Trimalchio riguardavano essenzialmente il personaggio di Gatsby, da un lato, e, dall’altro, il “ritmo” dei capitoli VI e VII, che risulteranno poi i più diversi nella versione finale del libro. Il personaggio di Gatsby, in effetti, nella prima versione è avvolto in un’aura di mistero estremamente impenetrabile; certo, qualcuno nel racconto ipotizza che abbia ucciso un uomo, o che sia il cugino arricchito del Kaiser, ma pochissimi accenni alle sue “gonnections” con il losco Wolfsheim sono fatti durante la narrazione. A questo, come all’assenza di un’immagine vivida del personaggio di Gatsby, Fitzgerald supplirà nella seconda versione. Infatti, se il titolo della prima versione strizzava l’occhio al lettore – il Trimalcione di Petronio era un liberto arricchito che dava enormi banchetti -, Perkins diede voce al bisogno del lettore di vedere più chiaramente questo giovane, affascinante uomo vestito di completi sgargianti, la cui villa splendeva del luccichio delle feste e del ritmo del fox trot. Una delle preziose aggiunte in questo senso è la famosa descrizione del sorriso di Gatsby nel capitolo III, “one of those rare smiles with a quality of eternal reassurance in it”.

Molto diversi sono poi i capitoli VI e VII, in cui, rispettivamente, è raccontata la scena nella stanza d’hotel in cui Gatsby scopre che Daisy non lascerà suo marito e la storia del passato di “Jay Gatz”. È in questo caso interessante notare come i cambiamenti, i tagli, il “muovere le cose qua e là” nella seconda versione tendano tutti a rendere ancora più serrato lo scorrere del racconto. Soprattutto, leggendo Trimalchio si vede come la narrazione di Fitzgerald, che ci porta al culmine della storia di Gatsby e Daisy nella scena dell’hotel, fosse basata su un sottile gioco di anticipazione. Nel Grande Gatsby le linee sono invece più sfumate, e la confessione di Daisy, sconcertante per Gatsby, del “amo anche te”, arriva netta, brutale, come la morte di Myrtil sotto lo sguardo degli occhi del dottor TJ Eckleburg. Leggendo Trimalchio, vediamo come Fitzgerald calibri diversamente il climax del romanzo prestando attenzione alle piccole sezioni poi eliminate e che nella prima versione preannunciano la riluttanza di Daisy. È, per esempio, la scena di Daisy che esita, per un attimo, a dare la mano a Gatsby, o l’accenno all’aspettare “un mese o due” prima di fare qualunque cosa rispetto a Tom.

In entrambe le versioni, che sia l’amarezza del pregustare la confessione di Daisy o lo shock della rivelazione inaspettata a portarci alla scena dell’hotel, è il “sogno incorruttibile” di Gatsby, Trimalchio di West Egg, ad essere il cuore del romanzo. In entrambe le versioni, sia il lento climax che la scoperta improvvisa rendono le dimensioni dell’incredulità e della fragilità di Gatsby, che aveva vissuto fino a quel momento tendendo verso un sogno che credeva puro, incorruttibile. Nel mezzo dello scintillio, della falsità e dell’aridità emotiva di questo spaccato dei “Roaring Twenties” americani, Fitzgerald ci lascia l’immagine di Gatsby che, sulle scale della villa in cui tutti si davano all’eccesso, insegue il suo “incorruptible dream”:

The lawn and drive had been crowded with the faces of those who guessed at his corruption – and he had stood on those steps, concealing his incorruptible dream, as he waved the goodbye”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

WordPress spam blocked by CleanTalk.