Carnevale d’inettitudine. Capitolo due: Eleonora

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“Lo hai già letto?”chiese Eleonora alzando il braccio destro con cui reggeva una rivista aperta ma dall’aspetto quasi nuovo. Era seduta sul divano in centro alla sala, con le spalle rivolte verso la porta. Filippo finì di sfilarsi il cappotto, arrivato dietro il divano si chinò per baciare la donna sulla guancia destra:
“Buonasera cara, no fammi vedere” e prese la rivista, Eleonora lo invitò ad accomodarsi ed egli si sistemò sul divano di fronte alla padrona di casa, appoggiando il cappotto sul bracciolo foderato di seta.
“E’ uscito oggi?”
“Questa mattina.” Eleonora sollevò le gambe e si sdraiò più comodamente mentre Filippo leggeva nella sua testa la parte iniziale:

“Salirò sull’Olimpo e poi mi getterò con le braccia aperte verso l’Ade.
Sarà tutto quanto perfetto. Sposterò la mia ciocca di capelli castani un’ultima volta, forse allenterò il nodo alla cravatta. Sentirò la dolcezza della cioccolata e l’aridità delle pietra levigata bruciata dal sole di tutte le ere? Il mio nome non sarà inciso sul marmo, ma sussurrato al vento del Nord al quale mi abbandonerò: spero che non sia così crudele da sorreggermi. Un bambino vedrà il mio corpo martoriato sulla scogliera e scriverà il mio nome sulla sabbia con un piccolo bastone, tra le tante ossa del mare. Le stelle sorrideranno sentendo i colpi degli zoccoli sul tappeto del crepuscolo poggiato sul selciato celeste.
Non ci sarà un’altra alba, la Luna mi riempirà ed io ne godrò”

Non si dilungò oltre, l’articolo misurava una pagina intera e oltre alla piccola ‘prosa lirica’ il testo si riferiva all’incontro di Giuliano con un gruppo di poeti danesi, studenti della Københavns Universitet presso la quale aveva tenuto una conferenza la settimana prima. L’impaginazione gli piacque, la contemplò per qualche secondo in più poi gettò la rivista sul tavolino di legno bianco panna, accanto alla pila di taccuini e al portatile spento:
“Si riconosce la firma di Giuliano, la sua arroganza e il suo arcaismo”,
“La sua perfezione quindi, si sono d’accordo. Poche parole, ma troppi ricordi, come dice lui. Ahah Giuliano caro, verrà qui più tardi a proposito. L’ho invitato per discutere insieme sulla presentazione a Palazzo Reale.” Eleonora non guardava mai negli occhi il suo interlocutore, soprattutto se si trattava di Filippo Maria Stefani, che obbiettò con molto tatto:
“Prenderà il posto di chi? Pensavo che avessero confermato tutti”, si riferiva alla Fondazione Vitaldi di cui Eleonora era la presidentessa.
“Oh no ci saremo tutti, ma ho pensato di farlo partecipare.”
“Quando gli hai offerto il posto di Giovanna meno di un anno fa lo ha rifiutato, e senza troppe premure se ricordo bene.” Eleonora rise, sempre guardando il soffitto della stanza che aveva fatto arredare alla liberty e dove la fondazione si riuniva ufficiosamente.
“Ovvio che lo ha rifiutato…a proposito tuo figlio? So che ha lasciato Milano qualche giorno fa…”
“Alessandro è a Shanghai, non lo sopporta ma non ho avuto molta scelta…” s’interruppe prima che Eleonora potesse zittirlo: era abituato a trattare con la giovane donna che fin dall’adolescenza si era fatta eleggere “regina dell’arte” nella sua città natale. Tutte le grandi esposizioni passavano sotto l’attento occhio di Eleonora, che in quanto presidentessa della Fondazione Vitaldi si riservava il potere sia di mecenate che di critico. Del consiglio direttivo facevano parte, tra gli altri, anche Filippo Maria Stefani, Andrea Solari e Matteo Ferrari. Alessandro Stefani prendeva il posto del padre nelle rare occasioni in cui questo si assentava, Alberto Pagano invece non era particolarmente gradito in casa Vitaldi per un commento sfuggitogli all’ultima mostra dei Preraffaelliti.
“Sono sicura che Giuliano sarà capace di dare a tutti noi una scossa: è la terza volta che ci incontriamo per accordarci su dicembre, un parere esterno non potrà che farci bene. Mi spiace che Adriana sia ancora fuori città, l’avrei invitata volentieri.”
“Ah in quel caso sicuramente Giuliano non sarebbe venuto, odia avere le sue amanti quando deve lavorare…in base a ciò che mi ha detto Alessandro.”
“Be è solo una cena, non penso che gli avrebbe creato scrupoli. Sono perfetti insieme non trovi anche tu?” Filippo Maria non fece in tempo a rispondere che si udì una porta aprirsi e richiudersi, in breve due invitati comparvero nel salotto. Eleonora si girò leggermente, sorridendo:
“Benvenuti, accomodatevi con noi.” Andrea sorrise baciando la mano che Eleonora aveva allungato. Matteo si era già seduto invece accanto a Stefani, a cui aveva stretto la mano velocemente:
“Bentrovati, siamo solo noi?”
“Oh vi ho fatto venire un po’ prima, la cena è tra un’ora. Abbiamo così qualche parere in più, vero Filippo?” e tornò ad abbassare il braccio, per poi rizzarsi a sedere mentre Andrea si accomodava accanto a lei. Stefani finse una risata, Andrea chiese interessato:
“Un parere su cosa?”
“Oh parlavamo di Adriana…” Andrea si illuminò, Matteo sorrise al pensiero della giovane attrice bionda:
“Spigliata, di classe ed eccitante”
“Per questo a Giuliano piace tanto, Adriana è sempre perfetta…come aveva scritto qualche mese fa in quell’articolo sulla bellezza europea di…oh andiamo!” sbuffò Eleonora non ricordandosi, Andrea invece colse la citazione:
La vera donna mondana è perfetta anche dopo aver passato un pomeriggio in compagnia di Amore…o qualcosa di simile credo. Troppo manieristico anche per Giuliano, a proposito ha confermato?”
“Oh si verrà anche lui…” controllò l’ora prima di aggiungere:
“Avete letto il suo pezzo?” e indicò la rivista prima di risistemarsi il vestito scuro. Matteo fece un cenno negativo con la testa, ma non fece neanche il tentativo di allungare la mano. Ovviamente Andrea lo aveva letto:
“Oggi in pausa pranzo, a proposito dovrò scappare via prima. Domani devo svegliarmi presto: partiamo per Taranto.” Filippo Stefani chiese a Matteo, tentando di cambiare argomento:
“Alessandro mi ha detto che state cercando di mettervi in contatto con lo studio Filsher, ti ha già rigirato il numero che gli ho dato?”
“Oh si, grazie ancora Stefani. Non appena Alessandro tornerà cercheremo di concludere il tutto, questo pomeriggio ho avuto un incontro con il consigliere De Girolami: mi è parso più che interessato e gli ho promesso qualche cifra prima della fine della settimana…” Andrea s’intromise:
“Avete in mente un altro buon affare tu e Alessandro?” ma Eleonora, indisponente alle faccende di finanza passate le cinque del pomeriggio, riprese le redini:
“E se riuscissimo ad ottenere in esclusiva tutta villa Aldobrandeschi? Non ci servirebbe più Palazzo Reale, avremo spazio a sufficienza e anche una notevole intimità.”
“Dovremmo ottenere dei permessi, far spostare le opere e provvedere ai sistemi di sicurezza” obbiettò Matteo. Ma Eleonora non ci fece caso, continuò:
“Offriremo qualcosa di speciale, magari un fine settimana intero: arte, musica, vino. L’idea mi piace.” Andrea si accarezzò la barba prima di aggiungere:
“Potremmo anche pensare ad una serata teatrale, pensate che scena! Solo un palco non ci serve nient’altro!” Eleonora rise:
“Ahah, e invitiamo anche Marinetti? Una serata teatrale sarebbe noiosa, e la metà degli artisti che vorrei far esibire sarebbero anche gli invitati: niente teatro.” Matteo insistette su Adriana:
“Però scommetto che la bella Adriana non avrebbe problemi a fare un cambio d’abito e a esibirsi su un palco: avrebbe una scusa eccellente per mettersi in mostra…una in più almeno.” Eleonora partì in difesa della protetta alzando la mano destra in direzione di Matteo:
“Che cos’avete così d’improvviso contro Adriana? E’ istrionica si, ma le serate passate in sua compagnia sono così piacevoli.” Andrea annuì energicamente: adorava Adriana, oltre ad essere una ragazza avvenente era anche molto arguta e con un talento che aveva visto in poche altre attrici. Se fosse stato costretto a scegliere tra Adriana e Martine si sarebbe trovato in difficoltà. La conversazione cessò all’arrivo di altri membri del consiglio direttivo della fondazione. Furono stappate le prime bottiglie, Eleonora aveva ereditato dal padre un gusto e una collezione invidiabile che ogni anno curava personalmente tra un passatempo e un altro. Arrivò anche Giuliano, senza essere eccessivamente in ritardo. Oltrepassò la porta della sala con un sorriso accennato: era alto e con la pelle leggermente abbronzata, il suo volto era solcato da rigide linee che ne sottolineavano gli zigomi pronunciati. Il ciuffo di capelli castani che portava spettinato però ne ingraziava i lineamenti, mentre gli occhi apparivano a tratti piccoli e guardinghi come anche enormi e pieni di vita. Portava un abito color cenere, una cravatta rossa e un fazzoletto cremisi leggermente sfumato: la giacca gli inquadrava perfettamente le spalle, i pantaloni invece erano più larghi in vita. Mentre si avvicinava al salottino Andrea ne annunciò l’arrivo con un sorriso:
“Oh Benvenuto dunque!” Giuliano gli appoggiò una mano sulla spalla e si complimentò con lui dell’abito, poi strinse la mano a Filippo Maria Stefani che si trovava accanto ad Andrea. Eleonora si era assentata per mostrare le ultime bozze dell’invito ad una cara amica, lasciando il tempo a Giuliano di servirsi un bicchiere di Valpollicella, molto amato dalla padrona di casa, e di rispondere a qualche saluto. Non conosceva tutti i membri del direttivo, ma la maggior parte erano volti noti e a tratti anche ammirati. Andrea lo provocò come di consueto per l’articolo uscito in giornata:
“Ho letto il tuo articolo Giuliano: posso essere sincero come sempre?” Giuliano alzò gli occhi al cielo e rispose fingendosi sconsolato:
“Non chiedo che l’onestà dei figli dell’industria lo sai benissimo.” Si unì anche Matteo che poggiò delicatamente la mano sul braccio destro del nuovo arrivato in segno di saluto. Stefani abbassò lo sguardo fingendo una risata al commento di Giuliano.
“In un testo che non ha né forma né contenuto poetico perché usi un tono così…lirico?” ma fu Eleonora, giunta appena in tempo da un corridoio, a rispondere abbracciando il suo invitato:
“Giuliano non è un poeta, ma un maniaco della parola. La sua non è lirica ma malattia”, Giuliano ricambiò l’abbraccio e staccandosi confermò ai presenti:
“Non posso far altro che concordare.” Ma Eleonora, volgendosi all’intero gruppo, continuò:
“Giuliano non ha fatto altro che descrivere un suicidio, che lo abbia fatto diventare un gesto eroico è preoccupante lo ammetto” e lanciò all’esteta uno sguardo crucciato:
“Ma non si può far altro che provare ammirazione per quest’uomo che giunto in cima ad un fiordo spera di cadere nelle profondità mentre la sua anima viene portata nell’Infinito su un cavallo al galoppo nel crepuscolo. Tradizionale certo, ma molto dolce” Matteo mimò un applauso, ammiccando a Filippo Maria Stefani:
“Complimenti Giuliano, come sempre.” In risposta ottenne un assenso col capo da Eleonora, che prese sotto braccio Giuliano per condurlo fino ad uno scrittoio in legno scuro ad un lato della stanza:
“La tua conferenza è andata bene?”
“Sono stati molto entusiasti, non mi aspettavo l’invito degli studenti: abbiamo passato una splendida serata nell’appartamento di uno di loro. Mi hanno letto le loro poesie e mi hanno chiesto consigli sulle riviste in Italia che potrebbero interessarsi al loro piccolo movimento.” Eleonora era compiaciuta:
“E tu cosa hai risposto?”
“Di scendere personalmente a Milano ovviamente: troverebbero terreno fertile, almeno fino al prossimo febbraio.” Eleonora sorrise, si sedette allo scrittoio e aprì un piccolo cassetto dal quale trasse una busta cobalto. Scrisse in bella grafia il destinatario sulla fronte e la consegnò a Giuliano:
“Mio padre l’ha firmata questa mattina, non ci dovrebbero essere problemi.” L’esteta baciò la mano di Eleonora infilando la busta nella tasca interna sinistra della giacca:
“Ringrazialo tanto da parte mia.” L’ospite alzò le spalle incrociando le mani:
“Seriamente: ho apprezzato il tuo articolo.” Giuliano non fece in tempo a rispondere con la sua frase di circostanza preferita: un altro ospite attirò l’attenzione della presidentessa che si dileguò. Andrea in compenso gli portò un altro bicchiere di vino, brindarono insieme e poi si accomodarono su due poltrone:
“Il viaggio è andato bene Giuliano?”
“Non avevo mai visto Copenaghen in autunno, te lo raccomando a maggio in ogni caso. E tu come stai? Rimani in città?” Andrea vuotò il suo amaro:
“Parto domattina, ti inviterei ma sei appena arrivato e immagino che aspetterai Adriana.” Giuliano annuì con la testa:
“Ti ringrazio, ma avrò giornate piene per almeno due settimane.”
“Immaginavo, la tua poesia non è male comunque.” Giuliano rise in risposta: odiava le sue poesie, avrebbe volentieri fatto a meno di scriverle.
Bevve un altro sorso di vino, concentrandosi sul suo sapore fruttato: si rese conto di essere tornato troppo presto dalla sua fuga mensile, avvertiva ancora troppo forte il peso dell’esistenza. Sorrise ancora e poi schioccò la lingua: il giorno seguente aveva organizzato un pranzo con Alberto Pagano, aveva qualche dubbio in merito alla stesura della sua nuova piéce. Giuliano aveva già trovato del buon materiale da consegnargli e si rincuorò al pensiero di una stimolante lezione con Alberto, che nutriva per lui una sana e critica ammirazione. Accavallò le gambe e alzò leggermente il mento.
Spostò lo sguardo su Andrea, impegnato al cellulare. In fondo gli voleva bene, si era affezionato anche a lui dopo più di dieci anni di compagnia.

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