“Essere o non essere, è questo il problema“. Ed era precisamente quello il problema che si poneva ora all’attenzione di Herbert , del camion dei pompieri e dello sparuto e sbalordito pugno di passanti che per noia o per vocazione si erano riuniti sotto la sua finestra.
Vendono bene le situazioni limite della vita pensava l’aspirante suicida mentre in preda alle vertigini si sforzava di lanciare sguardi sprezzanti alla marmaglia sotto di lui. Tutti a scongiurarlo in ginocchio di ripensarci, di non commettere l’insano gesto, che la vita è sempre degna di essere vissuta, che le cose poi migliorano e che in fondo ci sono sempre gli psicofarmaci. Meschini e ipocriti ecco che cos’erano, la metà di loro si pregustava già il balzo e la cronaca della tragedia al telegiornale, solo per quello gli veniva voglia di rinunciare: per non fornirgli la quotidiana soddisfazione di disgrazie e tragedie altrui, che sorregge le vite di tutti i comuni mortali.
Ma il solo pensiero di rientrare dalla finestra nel suo appartamento, nei suoi pantaloni con la piega e nelle sue giacche formali, il solo pensiero di rientrare nella sua testa lo atterriva terribilmente. Molto più dell’ingombrante presenza del vuoto che gli attanagliava lo stomaco. Di colpo come un conato di vomito improvviso gli balzò in mente tutto e tutto insieme. La colla sotto le scarpe alla finale di corsa delle medie, la rovinosa caduta davanti alla casa bianca in gita al liceo, gli accurati e costosi regali di mesiversario che una certa Chatyqualcosa aveva accumulato immeritatamente, i meritati ma indegni regali che la suddetta aveva osato recapitare, i potevi di sua madre, i dovevi di suo padre, gli sguardi giudicanti, gli sguardi delusi, gli sguardi annoiati, i mezzi sorrisi beffardi, i pensieri stampati in serie, le parole trattenute, i rospi ingoiati col sorriso, gli equivoci irresolubili. Gli si parò davanti l’incoerente e disarmonico via vai di persone, idee e sentimenti che l’aveva travolto in quegli anni e tutto gli sembrò effimero e privo di senso. Tutto gli sembrò uno stratagemma della vita per colpirlo dove più era vulnerabile. Ogni volto che aveva incontrato aveva sulla fronte la data di scadenza e anche gli irriducibili a lunga conservazione finivano per ammuffirgli davanti. Li vide tutti quei cartoni di latte avariato schierati in gran pompa al suo funerale piangenti e pentiti di aver rispettato la data, piangenti e solo adesso consapevoli della colossale perdita che li interessava. Rise delle sue egocentriche ed allucinate fantasie. In fondo un funerale occupa un giorno solo nell’economia del mondo, un secondo nell’eternità dell’universo.
E allora essere o non essere? Era essenziale trovare una risposta alla domanda che angosciava le cose da quando queste avevano scoperto di essere tali. Ma nessuna risposta balenava in mente ad Herbert che continuava a dondolarsi in avanti sul cornicione come un bimbo sull’altalena in attesa che l’angelo del destino sfidato a tal segno gli si palesasse davanti con la revoca firmata della sfacciata sfortuna che lo perseguitava. Si voltò di scatto verso la finestra per non perdere l’equilibrio.
Sotto di lui la folla si era infoltita e i pompieri trafficavano con le scale. Venne preso dal panico di essere salvato, di finire ospite di un emittente secondaria a raccontare la sua storia di disagio e di come aveva ritrovato se stesso con la meditazione buddhista o in una qualche clinica per depressi dove parenti e conoscenti lo avrebbero soffocato di fiori e sorrisi imbarazzati. No. Non poteva proprio lanciarsi tra le fauci bavose del mondo, non aveva più voglia di essere diplomatico, paziente, o cortese verso qualsivoglia creatura terrestre, era stanco di tirare avanti credendo in una buona stella che da tempo doveva essersi fulminata, era stanco e non accettava più compromessi. Questo era il suo urlo straziato contro la vita, questa era la sua ribellione al crudele meccanismo del tutto, i rimpianti e le delusioni non avrebbero consumato la sua vecchiaia, si sarebbe spento nel vuoto come una stella cometa, lasciando che la sua luminosa scia li sbalordisse tutti prima di lasciarli di nuovo cadere nel loro buio meschino. Del resto tutti i migliori muoiono giovani e lui moriva con un nutrito fascicolo di racconti e un libro inediti, sarebbe stato un caso letterario, quanti aspiranti artisti avrebbero fatto la fila per mettere fiori sulla sua tomba!
“Si aggrappi a me, la portiamo giù” disse un grosso uomo con la giacca rossa. Si accorse che non poteva, non voleva tornare giù, non c’era niente giù ad aspettarlo. Non aveva niente se non la consapevolezza delle sue mancanze e finalmente stava per liberarsi anche di quella. Il pompiere era lì che lo fissava ebete come attendendo una sua risposta. Aveva la faccia da responsabile padre di famiglia, da uomo di sacrifici e di fatica che si era costruito il suo piccolo angolo di mondo con le sue laboriose mani. Esitò ancora per un attimo e tanto bastò ad Herbert per terminare la sua luminosa corsa nel vuoto cosmico.
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